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Perché scoppiano i conflitti? Dalla guerra del Peloponneso all’Ucraina la lezione resta quella di Tucidite

Perché scoppiano le guerre? Il primo a dare una risposta a questa domanda, fu lo storico ateniese Tucidide, nel V secolo a.C. Quando il potere è conteso tra due rivali – spiega lo storico – lo scontro armato è inevitabile. Per Tucidide la ragione della guerra sta in questo, nel fatto che a un certo punto una potenza ha paura della forza espansiva dell’altra, temendo che il proprio sistema di vita possa essere danneggiato dall’estendersi di quello della rivale. Questa analisi, messa nero su bianco duemila e cinquecento anni prima di Cristo, può aiutare a comprendere le ragioni dei conflitti in genere e perfino quelli che oggi affliggono il mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente. In sostanza si tratta sempre di uno scontro a due. Per questo l’ateniese non avrebbe avuto dubbi, in quanto il motivo riguarda la supremazia, contesa, tra due potenze. Atene e Sparta lottavano per il potere, appunto, su una serie di poleis che all’epoca caratterizzavano il mondo. Mondo diviso in due blocchi: il primo legato alla città attica e il secondo a quella lacedemone.

Tornando alla narrazione storica, il conflitto raccontato da Tucidide, è in tempo reale dal primo giorno del conflitto fino al ventiquattresimo anno. Si tratta del primo inviato di guerra della storia anche se non proprio al fronte. Nel suo lavoro, titolato successivamente “Guerra del Peloponneso”, l’autore precisa in che modo riuscì a reperire le notizie sia dalla parte ateniese che da quella spartana, servendosi di testimoni oculari e verificando l’attendibilità delle sue fonti.

La guerra tra Atene e Sparta durò ventisette anni e Tucidide tiene a precisare che si mise a scrivere subito, dal primo giorno, in quanto già immaginava, fin dagli scontri iniziali, che quella sarebbe stata una guerra epocale tra due grandi città al culmine della loro potenza e dei loro mezzi militari. C’è un altro particolare che rendeva mondiale quella guerra e cioè il fatto che il resto delle città e delle isole della Grecia non rimase a guardare ma si unì all’uno o all’altro dei due contendenti, gli uni subito e gli altri via via che il conflitto persisteva. Alla fine si crearono due grandi blocchi, con un terzo, la Persia, che di volta in volta finanziò ciascuno dei contendenti.

Come iniziò la guerra? Nel 432 si tenne a Sparta un’assemblea cui presero parte alcune delegazioni degli stati alleati dei Lacedemoni. All’invito pressante di attaccare Atene, il re Archidamo rispose suggerendo cautela e prudenza. Lui era per la pace, in un lungo discorso sostenne ogni ragione per non combattere. «Nessuno può desiderare la guerra, né considerarla una cosa buona e priva di insidie». Archidamo, dunque, vorrebbe prendere tempo, far lavorare le rispettive diplomazie ma i suoi alleati pressano. E il rapporto con gli alleati degli Spartani, che subivano continue vessazioni ad opera di Atene, fu un elemento determinante per la decisione finale. Certo, il sovrano continua a pensarla diversamente e invita tutti a considerare con attenzione le potenzialità e le capacità del nemico. Prima di passare alle armi, si preoccupa di come poter terminare il conflitto in maniera onorevole. «Guardate – dice Archidamo – che non ci si ritrovi poi a fronteggiare nel Peloponneso una situazione ancora più vergognosa e più difficile». Con queste parole vorrebbe placare lo slancio dei guerrafondai, smorzare ogni desiderio di vendetta, «temo invece che lasceremo la guerra ai nostri figli».

Ma coloro che erano favorevoli a un intervento armato puntarono sulla considerazione che l’equilibrio di potere all’interno della Grecia stesse cambiando e che non si potesse abdicare all’egemonia ateniese. Alla fine fu una decisione democratica a stabilire l’inizio delle ostilità, l’inizio della fine poiché quella guerra, che si concluse con la vittoria di Sparta, decretò sostanzialmente la morte di Atene e della civiltà greca.

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