Royal Mail venduta a un miliardario ceco per 3,6 miliardi di sterline: resta l’obbligo di consegna 6 giorni su 7
La Royal Mail non è più royal: il più antico servizio di poste britannico è stato infatti venduto dal governo di Londra al miliardario ceco Daniel Kretinsky, che tramite la EP Group ha acquisito la società madre. L’operazione, del valore di 3,6 miliardi di sterline, ha ricevuto il via libera solo dopo aver concordato impegni “legalmente vincolanti”. La Gran Bretagna manterrà infatti la cosiddetta ‘golden share’ che gli imporrà di approvare qualsiasi modifica importante alla proprietà, alla sede e alla residenza fiscale della Royal Mail. Il Gruppo EP dovrà inoltre mantenere l’Obbligo di Servizio Universale che attualmente prevede la consegna delle lettere sei giorni alla settimana, dal lunedì al sabato, e dei pacchi dal lunedì al venerdì.
L’iter dell’intesa – L’autorizzazione per la vendita di International Distribution Services (Ids) a Ep Group è stata esaminata dal governo ai sensi del National Security and Investment Act. Kretinsky e Ids hanno concordato un accordo a maggio, ma hanno atteso l’approvazione del governo, che doveva analizzare l’acquisizione data l’importanza nazionale di Royal Mail e del servizio postale nel Regno Unito. All’annuncio dell’accordo, Kretinsky aveva promesso di mantenere il marchio, la sede centrale e la residenza fiscale di Royal Mail nel Regno Unito per i prossimi cinque anni, e si è impegnato a proteggere gli obblighi di servizio universale dell’azienda. Ma si ritiene che il miliardario, soprannominato la ‘sfinge ceca’, abbia fatto diverse altre concessioni per ottenere l’approvazione del governo, tra cui consentire ai lavoratori di ottenere una quota del 10% di tutti i dividendi a lui pagati. Il governo manterrà una cosiddetta “golden share” nel servizio postale, il che significa che dovrà approvare qualsiasi modifica chiave alla proprietà di Royal Mail, alla sede centrale e alla residenza fiscale. Altri impegni precedenti di Kretinsky includono una garanzia di non saccheggiare il surplus pensionistico e di rispettare le richieste sindacali di non licenziamenti obbligatori fino al 2025. Si ritiene che i sindacati abbiano spinto per ulteriori garanzie e per l’estensione dell’impegno sui licenziamenti obbligatori.
La multa per i ritardi – Solo tre giorni fa la Royal Mail era stata multata ancora una volta dall’Autorità di controllo delle comunicazioni britannica, Ofcom, per non aver rispettato gli impegni di consegna della posta prioritaria (first-class) e di quella ordinaria (second-class) nell’ultimo anno. La sanzione ammonta a 10,5 milioni di sterline (12,6 milioni di euro), quasi il doppio di quella inflitta dall’authority nel 2023, pari a 5,6 milioni di sterline, in quanto la società non è riuscita a migliorare sufficientemente il suo servizio nei sei giorni alla settimana. Royal Mail ha consegnato puntualmente il 74,7% della posta di prima classe e il 92,7% di quella di seconda classe mentre gli obiettivi sono rispettivamente del 93% e del 98,5%. “Con milioni di lettere che arrivano in ritardo, troppe persone non ricevono ciò per cui pagano quando acquistano un francobollo“, si legge nella nota di Ofcom. E ancora: “Lo scarso servizio della Royal Mail sta ora erodendo la fiducia del pubblico in una delle più antiche istituzioni del Regno Unito”. La Royal Mail, privatizzata nel 2013 e con 500 anni di storia alle spalle, deve per legge consegnare lettere in tutte le parti del Regno, sei giorni alla settimana, come parte del suo “obbligo di servizio universale”, ed entro certi tempi. Se non riesce a farlo, come continua ad accadere, viene multata dall’Ofcom.
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