Alla festa di Atreju i volti, le speranze e le radici del popolo della destra. Per un nuovo inizio…
Forte e chiaro. Con il sole che scalda la fredda mattina di una domenica d’inverno, la platea si infiamma alle parole che arrivano dal palco. Cinque, sette, venti volte e più arrivano le ovazioni, gli applausi, i tricolori sventolati. Era iniziata con gli insulti della sinistra per l’occupazione di un Circo Massimo che doveva rimanere vuoto a metà e che invece è stracolmo. Sì, è vero, è piena a metà questa storica arena romana. Fino dove è stato permesso occupare lo spazio. Questa volta. E non sente la stanchezza della settimana il presidente del Consiglio che non si risparmia, come sempre. Come per chi è stato qui presente, notte e giorno ad organizzare. Si celebra la chiusura di una manifestazione, con la promessa di un nuovo inizio. “La maggioranza è compatta e il 2025 sarà l’anno delle riforme” assicura Giorgia Meloni. Chi è qui, gente comune, lo sa, ne è consapevole. Si è parlato a lungo in questi giorni anche di riforme. Parimenti con chi dice di essere contrario. A voglia a spiegare il valore della Zes, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno, come ha fatto il direttore del Mattino, Roberto Napoletano, duettando su questo con il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Addirittura. O delle iniziative spaziali, letteralmente, che partano dal tacco d’Italia, la Puglia, grazie agli investimenti del Governo. Non si tira indietro Mimmo Mazza, tarantino, storico cronista della Gazzetta del Mezzogiorno che oggi da direttore di quel foglio modera il dibattito, accendendo i riflettori sugli investimenti dell’Esecutivo Meloni anche in questo campo, anche in quella regione.
Sono tutti qui i militanti, cittadini comuni, parlamentari europei, curiosi. Gli stessi che plaudono, assai, alle parole pane al pane, vino al vino di Tommaso Cerno, insieme al direttore Rapisarda sulle ideologie che ancora cercano di incendiare scuole e università. Senza riuscirci. Gli stessi, insieme ai volontari, poco più che ventenni, che si alzano in piedi quando Paola Frassinetti ricorda il dolore struggente, mai sopito, per l’assassinio di Sergio Ramelli. Ma anche per gli altri giovani di sinistra. E si commuovono. E noi, che veniamo da Milano e non abbiamo più vent’anni purtroppo, con loro. “Siate all’altezza della grande nazione che rappresentate e della enorme responsabilità che questo comporta”. Fino all’ultimo, la conclusione del presidente Meloni, tiene alta l’attenzione. Anche di chi è fuori dalla sala Cristoforo Colombo e segue dai maxischermi quel monito, in silenzio. Sono le persone che lei stessa chiama a fare la storia, con il coraggio di presentarsi alla chiamata. E l’occasione per dire “io c’ero” è già questa.
L’Italia fa parlare di sé oggi, anche da qui, in questa storica arena, piena zeppa, che qualcuno sperava sarebbe rimasta semivuota. Un nuovo inizio, per continuare il cammino intrapreso due anni fa e festeggiare da oggi il 2025. Anno delle riforme.
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