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La Serie A ha un presidente (tra tensioni e scontri): Simonelli

La notizia è che la Serie A ha un nuovo presidente. Si chiama Ezio Maria Simonelli, ha 66 anni e di lavoro fa il commercialista; già noto nei palazzi che contano del calcio italiano e con un legame ultradecennale con il mondo che ha gravitato intorno a Silvio Berlusconi. È stato eletto alla seconda votazione, raccogliendo 14 consensi su 20. Era il quorum necessario per diventare l’erede di Lorenzo casini senza aspettare il terzo giro e la maggioranza semplice come i suoi predecessori.

Il sottotitolo delle settimane che hanno portato alle elezioni di Simonelli è un paradosso: nel momento teoricamente più conflittuale, l’assemblea dei presidenti della Serie A si è rivelata più compatta che mai nel recente passato. Un segnale forte, anche in vista delle prossime scadenze, a partire dall'election day in Federcalcio del prossimo 3 febbraio.

Forti sono state anche le tensioni nella giornata decisiva. Gli oppositori sono passati subito all'attacco, contestando l'eleggibilità del nuovo presidente per i suoi trascorsi recenti come presidente del Collegio dei sindaci revisori di Mediaset, società controllata da Fininvest al pari del Monza. Nelle scorse settimane un parere chiesto al giurista Natalino Irti aveva sollevato dubbi, nonostante le dimissioni preventive di Simonelli. In un clima di scontro l'elezione è stata "congelata": “Raggiunto il quorum per l’elezione di Simonelli. Nei prossimi giorni saranno verificati i requisiti di indipendenza previsti dallo Statuto”.

Finale, per ora, irrituale anche per un palazzo abituato alle liti e alle discussioni ma che poi si era sempre adeguato alla democrazia del voto. Simonelli era l’uomo della maggioranza che si è formata in questi mesi in via Rosellini, limitando il potere esercitato da Claudio Lotito e Aurelio De Laurentiis. Ha perso per strada il voto del Torino, schieratosi in extremis con i contrari, ma ha mantenuto tutti gli altri 14 che aveva in tasca e che già avrebbero potuto portarlo alla vittoria a inizio dicembre quando il quorum era stato fallito per una sola preferenza.

Il paradosso è che raramente il quadro politico in Serie A è stato così delineato. Juventus, Inter, Roma, Atalanta, Fiorentina, Milan, Bologna, Udinese, Cagliari, Parma, Como, Monza, Venezia e Genoa hanno dettato l’agenda e, magari con qualche distinguo, lo faranno nelle prossime settimane. Il segnale era stato lanciato forte a novembre con la massa di astensioni sulla riforma dello statuto della Figc ed era diventato palese con il rifiuto del ricorso ai tribunali contro la riforma stessa.

Il nome di Luca Cordero di Montezemolo, fatto circolare alla vigilia dell’assemblea elettiva, si è rivelato per quello che era parso subito: una distrazione di massa per provare a sabotare l'elezione di Simonelli e per spostare la partita a gennaio. Tentativo fallito.

L’esito del voto, in attesa di sbrogliare la matassa della valutazione della sua indipendenza, conferma uno scenario complessivo certamente non sgradito a Gravina che, non a caso, è stato tra i primi a complimentarsi: "La sua elezione rappresenta un segnale indiscutibile di ritrovata sintonia e serenità all'interno della Lega, l'attuale clima propositivo sono sicuro favorirà una nuova stagione di collaborazione con la Figc e con tutte le componenti federali, con l'obiettivo di sviluppare al massimo tutte le potenzialità del calcio italiano". È sempre più chiaro perché l’attuale numero uno della Figc abbia rotto gli indugi annunciando la ricandidatura, blindata da un consenso trasversale che ha retto alla modifica degli equilibri imposta dal governo e al tentativo dei suoi avversari di costruire un’alternativa credibile. La Serie A non ha firmato per gravina, candidato delle altre componenti, ma è chiaro che il suo interno esiste oggi una maggioranza diversa da quella degli ultimi tempi: l’elezione di Simonelli alla seconda tornata ne è la conferma.

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