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Abbattuto il “muro” woke dell’algoritmo: come e perché i disallineati hanno liberato la Rete

L’egemonia culturale passa anche per la Rete e questa, si sa, ultimamente ha subito molte trasformazioni. Non basta l’acquisizione del fu Twitter da parte di Elon Musk a spiegare come la bilancia politica su internet sia cambiata e come quello che era un tempo il paradiso dell’intellighenzia di sinistra si sia trasformato in un campo di battaglia aperto dove le diverse forze giocano la loro partita.

Partiamo dal 2018. Esce in Italia il testo “Il capitalismo della sorveglianza” della sociologa americana Shoshana Zuboff. La pubblicazione racconta l’importanza dei dati raccolti, più o meno regolarmente, dai social network e riutilizzati per formare algoritmi e indirizzare l’opinione pubblica. All’interno del testo la sociologa rivela non solo l’utilizzo commerciale dei dati ma anche quello politico. Utilizzo che favorì Obama nella vittoria delle due elezioni presidenziali statunitensi. Nonostante lo studio della Zuboff denunciasse la connivenza tra l’amministrazione Obama e il gotha della Silicon Valley, Obama rivelò di aver apprezzato molto il libro. Probabilmente non l’aveva letto.

La società (politica) degli algoritmi: genesi e ribellione

Gli algoritmi stabiliti da Facebook, Twitter & co punivano alcune tematiche (diffidenza all’immigrazione irregolare, nazionalismo e immaginario di destra) e ne esaltavano invece altre (ideologia woke, mondo Lgbt, immigrazionismo). Insomma, gli algoritmi erano affinati per cancellare alcuni temi ritenuti pericolosi ed esaltarne altri, ritenuti concilianti. Una scelta legittima ma pur sempre una scelta politica che sbilanciò molto la vetrina social verso un’agenda liberal/progressista. Cosa è successo nel frattempo? Si è fatto largo tra gli utenti un sentimento di reazione negativa a questo incanalamento artificioso della comunicazione. Lo scollamento tra la narrazione virtuale e la realtà aveva raggiunto dimensioni enormi. Da qui sono cominciate a nascere le prime cellule ribelli che hanno dato vita a un mondo virtuale disallineato che, qualche anno dopo, avrebbe portato alla vittoria di Trump negli Usa.

Il vento è cambiato: le reti “disallineate”

Dopo più di dieci anni di dominio incontrastato, l’egemonia Zuckerberg è messa in discussione. Lo sbarco sul pianeta social di Elon Musk, i processi che hanno visto incriminata Meta per utilizzo non autorizzato dei dati con il caso Cambridge Analytica e, per ultima, la nuova vittoria di Trump sono segnali importanti per capire come il vento, anche in Rete, sia fortemente cambiato. Se i tentativi iniziali del mondo conservatore erano quelli di creare una propria geografia virtuale con la nascita di un canale tv fortemente identitario come Fox News e un social indipendente dal gruppo Meta come Truth, la strategia è poi virata nel creare delle enclave anche all’interno dei social tradizionali e così, sia sul difficile campo di Facebook che su quello di Instagram sono cominciate a nascere vere e proprie reti disallineate con canali che riuscivano a fuggire la censura woke.

Questo processo poi è stato favorito dalla nascita di Tiktok e dal drastico cambiamento di Twitter, diventato X dopo l’acquisto di Elon Musk. Queste due strumenti hanno sconvolto il paradigma social perché hanno abbattuto il muro di plastica dell’algoritmo costruito attorno all’agenda dem. Su X è possibile pubblicare un contenuto per criticare la Disney che sta riscrivendo le fiabe con le teorie sulla diversità e su Tiktok è possibile commentare fatti politici senza doversi autocensurare. Un processo che ha costretto anche Meta a fare alcuni passi indietro rispetto a un algoritmo che era diventato eccessivamente stringente. Ma, probabilmente, dietro agli ammorbidimenti di Meta non c’è solo un’apertura politica bensì una constatazione di tipo pratico: milioni di elettori non hanno votato a sinistra, perché mai farsi sfuggire questi utenti che sono anche consumatori e quindi clienti delle piattaforme? Pecunia non olet.

Anche grazie a questo la rete è diventato un campo di battaglia dove gli eserciti, per fortuna solo virtuali, tornano a scontrarsi con un equilibrio di forze che fino a qualche anno fa era del tutto diverso.

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