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Trenord sta dando il meglio di sé. Ma per l’utenza il tempo è una risorsa non rimborsabile

di Giovanni M

Da un po’ di tempo stiamo assistendo a livello nazionale a scenari inenarrabili circa la questione treni. Sulle linee nazionali e le linee ad alta velocità devi sempre mettere in conto che almeno arriverai con quindici minuti di ritardo (e questa situazione si può considerare un lusso). Chiodi sui cavi, continui lavori, fermate straordinarie, insomma una retrocessione che avanza. Eppure la situazione si riflette anche sulle realtà locali. La Lombardia (la famosa regione “traino d’Italia”), dopo il periodo pandemico, sta subendo la medesima situazione. Trenord, società che nasce dall’unione di capitali di Trenitalia e LeNord che gestisce il traffico ferroviario lombardo, sta dando il meglio di sé sui tempi di percorrenza e sul materiale rotabile.

Solitamente i 3-4 minuti, al massimo cinque, di ritardo sono fisiologici per via dell’incarrozzamento dei viaggiatori in entrata/uscita, ma ultimamente questi ultimi lievitano fino a trenta. Senza contare le varie soppressioni che automaticamente creano ritardo per via dell’accumulo di utenza del convoglio precedente e che, conseguentemente, creano ingorghi sulla linea; in aggiunta, mettiamoci anche il materiale rotabile che, seppur con tutto il buon intento della regione nella sostituzione dello stesso, non soddisfa la domanda (abbiamo ancora convogli TAF a pezzi impiegati sul primo passante nel 1997).

Tutto questo se siamo in un normale giorno feriale. Ma come si può verificare durante un giorno come la vigilia di Natale dove c’è poca gente?

Linea Saronno-Milano, quattro binari (due per la linea “locale” e due per i treni che non effettuano fermate intermedie tra Milano Bovisa e la città dell’amaretto), una linea in cui passano tutte le linee principali (Varese/Laveno Mombello, Como Lago, Malpensa Aeroporto e Novara) ore 07:00: nonostante la stazione sia vuota, appaiono ritardi che non trovano spiegazioni (tra le 7 e le 7:30 si registravano ritardi tra il quarto d’ora e i trenta minuti). Il regio Express delle 7:10 proveniente da Como ha accumulato 20 minuti di ritardo, il regionale da Varese delle 07:01 trenta (che continuava a salire).

Stessa situazione al ritorno: ore 12:30, stazione di Milano Cadorna, primo regionale in partenza, quello delle 12:39 per Varese Nord, che non ne voleva sapere di partire (e qui non era un problema di materiale, ma di un capotreno che “non si trovava” – così ho sentito da altro personale di bordo…); per questo motivo tutti escono e vanno a prendere il regionale per Novara delle 12:47 che, stranamente, per la prima volta, ci lascia fuori tutti perché decide di partire alle 12:45 (miracolo!)… Ovviamente il treno prima parte subito dopo lasciandoci attendere quello delle 12:52. Indovinate un po’? Soppresso! Primo treno utile, se non si vuol pagare l’integrazione per il servizio Malpensa Express che è solo di prima classe, è il 13:09, quindi immaginate le persone quanto tempo abbiano perso.

Dopo tutto questo quadretto che è solo un tassello di milioni di pendolari che ogni giorno subiscono situazioni anche più gravi passivamente (alcuni senza neanche indennizzo sull’abbonamento), mi chiedo con quale criterio della regione “traino” si è potuto assegnare senza gara a una società – che, da quando esiste, più che danni all’utenza non fa – fino al 2033?

Così si crea una disincentivazione all’uso del trasporto pubblico. Non lamentiamoci poi se le strade sono sature di auto, la qualità dell’aria è pessima e assistiamo, anno dopo anno, a disastri climatici sempre più estremi (nel 2023 la Lombardia ne è stata colpita da 62 e solo nella provincia di Varese se ne sono verificati 12).

Quando capiranno che per l’utenza il tempo è una risorsa e non è rimborsabile, sarà il momento in cui avremo una rete ferroviaria efficiente e puntuale; cosa che contribuisce non solo al benessere dell’essere umano utilizzatore dopo una giornata di scuola/lavoro, ma anche all’ambiente.

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