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La realpolitik di Ranieri: in campo quelli bravi

Ivan Juric non guardava il curriculum - i più cattivi aggiungono: nemmeno il suo - mentre Claudio Ranieri non guarda la carta d'identità. Così, scrive Luca Valdiserri su Il Corriere della Sera, poco prima dell'ultima partita del 2024, un Milan-Roma che dirà tanto su tutte e due le squadre, è uscito allo scoperto parlando più da dirigente che da allenatore, forte dell'accordo con i Friedkin che prevede il suo passaggio dietro la scrivania a fine stagione: "Da allenatore e anche da dirigente voglio che Hummels, Paredes e Dybala restino anche il prossimo anno". Hummels ha appena compiuto 36 anni, Paredes ne ha 30 e Dybala 31. I primi due hanno contratto in scadenza a giugno, la Joya pure ma con il rinnovo automatico tra 6 o 7 partite (dipende da quante ne giocherà la Roma nelle Coppe). E un salto all'indietro? È la conferma che Ranieri ama i calciatori di esperienza e vede poco i giovani? È una prospettiva poco aziendalista? In realtà è realpolitik: gioca chi garantisce più risultati. Con l'arrivo dell'allenatore testaccino la Roma ha riconquistato per prima cosa il suo pubblico, quello che riempiva l'Olimpico per un filotto record di tutto esaurito e che negli ultimi tempi si era disamorato. I tifosi applaudivano Hummels anche quando Juric lo faceva scaldare per un tempo, come fosse un Primavera, e poi non lo faceva entrare. Ranieri non ha problemi a far giocare Hummels o Saud, confermare Svilar e mettere Ryan solo se è sicuro del risultato, lanciare Prati come ha fatto al Cagliari e chiedere Jerry Mina. Essere giovani non è un merito ma è sicuramente un vantaggio: il tempo è dalla loro parte.

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