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Morto Jimmy Carter, l’ex presidente Usa aveva 100 anni: dai campi di arachidi in Georgia alla Casa Bianca, fino al Nobel per la Pace nel 2002

Jimmy Carter, il 39esimo presidente americano riuscito nel 1978 nella missione impossibile di un accordo tra Egitto e Israele e insignito del premio Nobel per la pace nel 2002 è morto domenica a 100 anni nella sua casa in Georgia. Primo presidente del profondo sud, Carter era il più anziano presidente degli Stati Uniti vivente di tutti i tempi. Coltivatore di arachidi di una piccola città, veterano della Marina degli Stati Uniti e governatore della Georgia dal 1971 al 1975, Jimmy Carter è stato anche l’unico presidente eletto democratico tra i mandati di Lyndon B. Johnson e Bill Clinton. In suo onore Biden ha proclamato per il 9 gennaio una giornata di lutto nazionale per gli Stati Uniti.

Alla Casa Bianca per un solo mandato, stretto tra i repubblicani Gerald Ford e Ronald Reagan, il democratico Carter ha passato gli ultimi due anni della sua lunga vita nella residenza di Plains, protetto da cure palliative, dopo aver rinunciato a più aggressivi interventi medici. Un lungo addio turbato dalla morte della compagna di 77 anni, la moglie Rosalynn a cui lo scorso novembre aveva dato l’estremo saluto nella chiesetta battista dove per anni l’ex prima coppia aveva salutato fedeli e ospiti alcuni molto famosi.

Approdato nel 1977 alla Casa Bianca da governatore della Georgia, Carter non aveva avuto la vita facile una volta eletto presidente. Aveva governato l’America in un periodo di gravi emergenze in patria e nel mondo, tra cui la crisi degli ostaggi in Iran: la percezione che non fosse stato in grado di gestirle ne provocò nel 1980 la sconfitta elettorale. Come peraltro George H.W. Bush, da lui silurato dal posto di direttore della Cia e che poi si era preso la rivincita come vice nel ticket con Reagan, anche Carter se ne è andato dal mondo con un giudizio della storia più benevolo di quando aveva lasciato la Casa Bianca: tornato a occuparsi di filantropia e politica estera, il presidente degli accordi di Camp David, nel 2002 fu insignito del premio Nobel per la pace.

James Earl Carter Jr. era nato nel 1924 nella piccola Plains: il padre proprietario di un campo di arachidi, la madre infermiera che aveva sfidato la segregazione razziale per aiutare donne afro-americane. Nel 1941 Jimmy fu il primo della sua famiglia paterna a finire il liceo: andava a una scuola per soli bianchi, ma i suoi due migliori amici erano afro-americani. Nel 1977 aveva raccolto da Ford il testimone della presidenza. Erano anni difficili per l’America, in piena crisi energetica e recessione. Il 4 luglio 1979, tra file interminabili alle pompe di benzina, il presidente, che doveva parlare alla nazione, cancellò in extremis per riemergere dieci giorni più tardi con il “discorso del malessere”: una sorta di sermone in cui avvisò di “una crisi di fiducia, che colpisce al cuore la volontà nazionale” e che per lui fu un boomerang.

Contrastato il bilancio della politica estera: dopo i successi dell’accordo Salt II con l’Urss e la stretta di mano di Camp David, l’invasione dell’Urss in Afghanistan provocò un ritorno al clima della guerra fredda. La presa dei 52 ostaggi in Iran il 4 novembre 1979 fu il chiodo nella bara. Gli americani furono liberati solo il 21 gennaio 1981, all’indomani dell’insediamento di Reagan e dopo il tragico fallimento, nell’aprile 1980, di una missione di salvataggio (l’operazione Eagle Claw, una delle prime della Delta Force): un aereo cargo fu distrutto e otto militari rimasero uccisi. L’ultima crociata, come capo del Carter Center, era stata all’insegna della pace: un appello a Barack Obama per il riconoscimento della Palestina. Curato con l’immunoterapia dopo la diagnosi di un tumore al cervello, Jimmy Carter ha chiuso la vita impegnandosi a far del bene: costruendo case per poveri e insegnando religione.

Il 9 gennaio sarà giornata di lutto nazionale per gli Stati Uniti in onore dell’ex presidente. Nello stesso giorno si terranno a Washington i funerali di Stato, come annunciato dal presidente Joe Biden, che ha invitato l’intero popolo americano a rendere omaggio all’ex presidente: “Invito il popolo americano a riunirsi in questo giorno nei rispettivi luoghi di culto per onorare la memoria del presidente James Earl Carter Jr. Invito coloro che in tutto il mondo condividono il nostro dolore ad unirsi a noi in questa solenne commemorazione”, ha dichiarato il presidente uscente in un decreto pubblicato online.

“Mio padre è stato un eroe, non solo per me ma per tutti coloro che credono nella pace, nei diritti umani e nell’amore”, ha detto Chip Carter, il figlio dell’ex presidente. Messaggi di cordoglio sono arrivati dagli Usa e da tutto il mondo. Per il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump la nazione ha un “debito di gratitudine” nei confronti di Jimmy Carter. “Un uomo straordinario”, lo definiscono Barack e Michelle Obama, Carter è stato uno dei “primi leader al mondo a riconoscere il problema del cambiamento climatico”, afferma Obama sottolineando che l’ex presidente “credeva ci fossero cose più importanti della rielezione, cose come l’integrità e il rispetto”. Jimmy Carter lascia un’eredità che “ispirerà gli americani per generazioni”, ha detto l’ex presidente George W. Bush. Per Bill Clinton e la moglie Hillary, “guidato dalla sua fede, il presidente Carter ha vissuto per servire gli altri, fino alla fine”.

“Per tutta la sua vita, Jimmy Carter ha difeso i diritti delle persone più vulnerabili e ha condotto instancabilmente la lotta per la pace. La Francia invia i suoi pensieri commossi alla sua famiglia e al popolo americano”, ha dichiarato Emmanuel Macron. “Il Premio Nobel per la Pace testimonia il suo ruolo decisivo nella risoluzione di conflitti che hanno cambiato il corso della storia. La sua eredità, fonte di ispirazione per molti in tutto il mondo, continuerà a vivere. L’Europa piange insieme al popolo degli Stati Uniti”, ha scritto su X la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Messaggi anche da Re Carlo III, dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky (che ha reso omaggio all’ex leader americano per il suo fermo sostegno a Kiev nella lotta “per la libertà”) e dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che ha elogiato il “ruolo importante” per la pace tra Egitto e Israele svolto da Jimmy Carter.

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