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Produzioni dimezzate e vini più alcolici, così l’aumento delle temperature danneggia anche i vigneti: “Costretti a fare irrigazioni di soccorso”

Negli ultimi anni i viticoltori di Langhe, Roero e Monferrato hanno iniziato a spostare i vigneti a quote più alte (o a prendere in considerazione questa eventualità) perché l’aumento delle temperature danneggia le viti, con il risultato che le vendemmie sono più magre e i volumi della produzione diminuiscono. Inoltre i vini che si fregiano delle Denominazioni di origine protette – Doc e Docg – devono rispettare precise caratteristiche organolettiche e non superare un certo grado alcolico, non sempre possibile se l’uva matura in anticipo. D’altro canto le temperature più miti hanno reso la viticoltura di montagna più semplice rispetto al passato. Lo dimostra il caso della Val di Susa, dove molti giovani stanno recuperando le vigne abbandonate negli anni Settanta. Tra i 600 e gli 800 metri di quota oggi s’imbottigliano vini storici come l’avanà, il becuet e il baratuciat, che in passato erano considerati poco pregiati e ora guadagnano mercato, ma anche uve più note come pinot, moscato e nebbiolo. “Fino all’Ottocento in tutta la Valsusa c’erano 2500 ettari di vigne. Poi – spiega Giuliano Bosio, viticoltore di Almese, città di cui è stato anche sindaco – è arrivata la fillossera (un insetto che attacca le radici della pianta, ndr). Nella nostra zona, alla fine, sono rimasti 500-600 ettari, che si sono ulteriormente ridotti negli anni Settanta, quando gli abitanti hanno abbandonato in massa la campagna per andare a lavorare in fabbrica o nel terziario”. Tra le aziende agricole attive nella zona alcune sono nate da poco, altre hanno quasi trent’anni di attività alle spalle. Ma oggi fanno un vino sempre più all’altezza dei “colleghi” astigiani e cuneesi. Anche in montagna però i produttori devono fare i conti con siccità e nubifragi. In Val di Susa anche con l’impatto della Torino-Lione. “Il cantiere Tav è stata una scure per le nostre aziende, specialmente nella zona di Chiomonte – dichiara Giancarlo Martina, viticoltore di Giaglione che in quell’area ha dovuto abbandonare delle vigne, perdendo 90mila euro – Dobbiamo sperare che questi tunnel che fanno una groviera delle nostre montagne non comportino altre perdite d’acqua. Dobbiamo adoperarci perché non accada”.

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