Il governo italiano chiede all’Iran il “rilascio immediato” di Cecilia Sala e “garanzie sulle sue condizioni di detenzione” della giornalista
“Garanzie totali sulle condizioni di detenzione di Cecilia Sala” e la “liberazione immediata” della giornalista italiana arrestata lo scorso 19 dicembre a Teheran e, da quel giorno, rinchiusa in isolamento nel carcere di Evin. È questa la richiesta dell’Italia all’Iran, contenuta – secondo quanto si apprende – nella nota verbale che la Farnesina, attraverso l’ambasciatrice a Teheran Paola Amadei, ha consegnato al governo iraniano. Lunedì è arrivata la prima comunicazione ufficiale da parte di Teheran sulla detenzione della cronista di Chora media e del Foglio: “Ha violato le leggi della Repubblica islamica”, ha fatto sapere il ministero della Cultura iraniano senza però fornire nessuna ulteriore specificazione dei capi d’accusa.
Per arrivare a una rapida e positiva soluzione della vicenda sono a lavoro il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. L’Italia, pertanto, ha chiesto “nuovamente il rilascio immediato di Cecilia Sala”. La nota verbale consegnata mercoledì 1 gennaio a Teheran contiene anche una richiesta ferma e ripetuta di chiarezza sulle condizioni di detenzione, sulla possibilità di fornire generi di conforto e sulla garanzia che questi vengano consegnati effettivamente alla giornalista. “I tempi e le modalità di detenzione della cittadina italiana Cecilia Sala saranno una indicazione univoca delle reali intenzioni e dell’atteggiamento del sistema iraniano nei confronti della Repubblica italiana”, fanno notare fonti della Farnesina.
Martedì sera il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva anticipato anche la richiesta di un nuovo colloquio diretto dell’ambasciatrice Amadei con la giornalista italiana. Poco prima era stato lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a ricordare il caso di Cecilia Sala e “l’angoscia per la sua detenzione”: “Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia”, ha detto Mattarella nel corso del messaggio di fine anno.
La vicenda di Cecilia Sala, come noto, è strettamente intrecciata con quella dell’iraniano arrestato a Malpensa il 16 dicembre scorso su richiesta degli Stati Uniti. L’ingegnere esperto di droni, Mohammad Abedini Najafabadi, che si trova detenuto al carcere milanese di Opera, è accusato dagli Usa di cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica. Martedì, in un colloqui in carcere con il suo avvocato, ha respinto le accuse definendosi “stupito” dell’arresto: “Io sono un accademico, uno studioso: non sono certo un terrorista“, ha dichiarato. Il suo difensore ha già presentato un’istanza alla Corte d’Appello di Milano per chiedere i domiciliari. In tutto questo, il sospetto che il fermo Cecilia Sala sia proprio una risposta all’arresto dell’iraniano avvenuto pochi giorni prima a Malpensa – con l’obiettivo di arrivare a uno “scambio” – si fa sempre più concreto. Non è un caso se il viceministro degli esteri iraniano, in un precedente colloquio con l’ambasciatrice italiana a Teheran, ha menzionato il caso dell’ingegnere esperto di droni.
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