“Mi accoltellava muto, col sorriso stampato in faccia”: Martina Voce racconta l’aggressione del suo ex
“Faccio ancora gli incubi su quella mattina. Ero fuori dal negozio per buttare via delle cose e me lo sono visto davanti. Mi ha chiesto se avevo ancora un ragazzo. Gli ho risposto di farsi i fatti suoi e che se voleva comprare qualcosa poteva anche entrare, altrimenti doveva andarsene”. Parla per la prima volta dal 22 dicembre, il giorno in cui è stata colpita con 30 coltellate, sul posto di lavoro a Oslo, dall’ex fidanzato, Mohit Kumar, un informatico norvegese 24enne di origini indiane. Sono serviti cinque giorni per scongiurare che Martina Voce, 21 anni, fosse in pericolo di vita. Ha affrontato finora cinque operazioni, e per riprendersi le serviranno almeno sei settimane di ricovero. A salvarle la vita è stato il suo compagno, suo collega, che lo ha allontanato da lei mentre la aggrediva. Nonostante il trauma, il dolore e le ferite ricorda tutto perfettamente dell’agguato, come ricostruisce in un’intervista a Repubblica.
“Mi sono girata e sono entrata (nel negozio, ndr) – continua a raccontare -. All’altezza delle casse mi ha tirato una coltellata da dietro. Ho camminato ancora e mi ha colpito di nuovo, con un grosso coltello da militare. Una signora ha assistito alla scena e ha iniziato a urlare“. A quel punto si è girata: “E lui ha iniziato ad attaccarmi frontalmente. Ho cercato di scappare e mi ha colpito di nuovo da dietro. Alla schiena e sulla nuca. Era muto. Ma con il sorriso stampato in faccia“. Martina ricorda poi di essere “caduta nel mio sangue. Per fortuna – dice – è arrivato il mio ragazzo che me lo ha tolto di dosso. Ho provato ad allontanarmi strisciando, quello però si è divincolato ed tornato verso di me. Da sdraiata l’ho tenuto a distanza usando le gambe, mentre provava ancora a colpirmi. Lo hanno fermato accoltellandolo. I paramedici sono arrivati un minuto dopo. Mentre mi portavano via ero convinta che non ce l’avrei fatta“.
Ripercorrendo invece i mesi dopo averlo lasciato, Martina Voce ricorda che Kumar la contattava via messaggio. “Aveva fatto anche un account falso. E una decina di giorni prima di aggredirmi mi aveva invitato a vedere un gatto che aveva adottato. Dopo l’arresto la polizia mi ha detto che in casa del gatto non c’era traccia. Forse era una scusa, una trappola. Lì sarebbe riuscito ad uccidermi. Non lo amavo più. Avevamo chiuso in modo tranquillo“. Che il rapporto si fosse chiuso senza turbolenze era stato confermato anche dal padre. Visti però i messaggi dopo la fine della relazione, lui le aveva consigliato di rivolgersi alle autorità per denunciarlo, ma lei non voleva farlo. Sostanzialmente per non metterlo nei guai, perché lui non aveva mai dato segni di violenza o aggressività.
“Di femminicidi in Italia ce ne sono tutti i giorni. Qui in Norvegia invece sono eventi rari. Già volevo rimanere in Norvegia, questa cosa mi fa venire ancora più voglia di fermarmi a vivere qui. Oslo è un posto sicuro”. L’ex, conclude Martina, “è stato un codardo. Ha iniziato a colpirmi da dietro, non ha avuto il coraggio di guardarmi negli occhi e ammazzarmi”.
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