Un termine per ogni situazione nell’Insultario piemontese
IVREA. Parpagnaco è il suo termine preferito perché gli ricorda l’ironico comignolo con cui lo chiamava un amico di famiglia, ma ognuno può trovare gli appellativi più adatti a ogni esigenza nel suo Insultario piemontese-italiano: insulti, parolacce, imprecazioni, modi di dire poco gentili e vilipendi vari. È questo il libro di Paolo Sirotto pubblicato da Editoriale Programma. Dopo il grande successo di vendite l’insultario, con la prefazione del gruppo musicale dei Farinei dla brigna, è già andato in ristampa e sarà disponibile nuovamente dal 7 gennaio a 7,90 euro. L’autore, 57 anni, torinese che vive a Tigliole, in provincia di Asti, ci racconta la sua passione per la lingua piemontese.
Come è iniziata la passione per il piemontese e come è nata questa avventura?
«Mi occupo di cultura piemontese da tutta la vita. Ne scrivo su giornali in lingua, ho scritto prefazioni per altri volumi, come quelli di Roberto e Piergiorgio Balocco, e ho fatto da editor per altre pubblicazioni. Nel caso del mio libro l’idea è nata in collaborazione con la casa editrice, perché lo scorso anno aveva già pubblicato la versione veneta. Aveva avuto così tanto successo che hanno deciso di farne una collana. Per me è stato il primo lavoro in stile dizionario e, da buon tifoso torinista, ho chiesto di poter avere la copertina granata».
Come si è sviluppata la parte creativa?
«Mi sono laureato con una tesi sul piemontese e ho collaborato per vent’anni con la Biblioteca della lingua piemontese, ma all’inizio ammetto di aver vissuto un attimo di panico. Poi mi sono consultato con un amico, il chitarrista storico dei Farinei dla brigna, e così è nata la prefazione al libro scritta da loro. La parte difficile è stata la stesura in forma di dizionario, spiegando anche l’etimologia dei termini come richiesto dall’editore, ma è anche stata quello che più ho amato fare. Ho fatto ampie ricerche sui molti dizionari etimologici dedicati al piemontese. Il lavoro è cominciato a marzo del 2024 e in poco più di sei mesi l’ho completato».
Nell’insultario si trovano molti insulti e nomignoli curiosi, ma non solo. Si trova la storia della lingua piemontese, declinata secondo i termini più irriverenti: quali sono i più curiosi?
«Per me parpagnaco è uno dei più particolari e l’ho voluto in prima pagina perché rappresenta un ricordo. Da piccolo mi chiamava così un amico di famiglia, quando avevo solo due o tre anni. Il significato? Essere un tanghero, un maleducato. Ma ce ne sono molti altri, di uso comune come borich, cioè l’aso, un tipo goffo, bifolco e ignorante, e di uso meno comune come ciuciadoje, ossia scolacaraffe, avvinazzato, ubriacone. L’etimologia è interessante, perché si richiama al latino dollium da cui deriva doja, la caraffa tipica delle osterie. Lo stesso Gianduja, maschera del carnevale, deriva da Gioann ed la doja, cioè Giovanni della brocca. C’è un termine per ogni evenienza».
Il libro sta avendo successo, tanto che è già in ristampa. Se lo immaginava?
«Assolutamente no, ma la tiratura iniziale di 3mila copie per le edicole e 4mila per le librerie è andata esaurita in 10 giorni. È stato un successo inaspettato e dal 7 gennaio il libro sarà nuovamente disponibile. Sono felice di questo risultato, è un riconoscimento a 30 anni di esperienza nella salvaguardia della lingua piemontese».
Tiene molto alla definizione di lingua, ci spiega il perché? E cosa suggerisce per mantenerla viva?
«Il piemontese è una lingua riconosciuta in Europa e i primi scritti documentati sono di 100 anni più vecchi di quelli del dolce stil novo, intorno al 1100, mentre la prima grammatica è del 1783, a cui seguono 250 anni di codifica. È questo a farne una lingua, neolatina di banca occidentale come l’occitano e il catalano, e non un dialetto. Per ravvivarla che fare? Prendere coscienza della sua importanza, già maggiormente riconosciuta in provincia o tra le comunità piemontesi all’estero. In Argentina hanno una radio che trasmette 24 ore al giorno di musica piemontese. Se avessimo il loro entusiasmo sarebbe la prima lingua al mondo». —