Da Brigitte trans a Macron che usa cocaina: 2025, l’anno delle bufale costruite con l’intelligenza artificiale. Instagram e TikTok i terreni di caccia
“L’attentatore di Charlie Kirk si chiama Gustavo Lafessa”. Il 10 settembre scorso, l’attivista di ultra destra Charlie Kirk viene ucciso con una fucilata sparata a distanza durante un incontro pubblico nello Utah, Stati Uniti. La comunità denominata Twitter Calcio butta in pasto al web un nome inventato. Questa informazione viene rilanciata da due influencer americani. A riprendere questa “informazione” è Wikipedia indonesiano e Grok, il sistema di intelligenza artificiale di Elon Musk utilizzato sulla piattaforma social X.
Così, in pochi minuti, è stata fabbricata una notizia fasulla. Il 2025 che sta per concludersi è stata una annata prolifica per le fake news, grazie all’irruzione dell’intelligenza artificiale. Il dato emerge dall’analisi di Socialcom assieme alla piattaforma Socialdata; tra bufale e leggende metropolitane dilagate in special modo su Instagram e TikTok si arriva a contare 280mila post e circa 90 milioni di interazioni online.
La stessa Socialcom sulla sua pagina fornisce una lettura del fenomeno: “Il primo dato è il ruolo determinante dell’AI: non solo uno strumento in più, ma un moltiplicatore di credibilità. Video e immagini generate artificialmente — come il caso del ‘canguro da supporto emotivo’ bloccato in aeroporto — riescono a superare le difese critiche degli utenti perché parlano il linguaggio nativo dei social: emozionale, immediato, visivo. Non siamo più davanti a testi palesemente inventati, ma a scene che ‘potrebbero essere vere’, soprattutto se viste senza audio, senza contesto o in mezzo a uno scroll continuo. È qui che nasce una nuova generazione di fake news, più sofisticata, più difficile da smontare, e quindi più pericolosa”.
Così, l’utente che non riesce a resistere alla tentazione di “scrollare” il suo cellulare per scorrere i contenuti del suo social preferito può passare con disinvoltura dal video che mostra una donna litigare con una hostess che non vuole far salire sull’aereo un “canguro da compagnia” alla diceria della moglie del presidente francese Macron – Brigitte – che in realtà è un uomo. Una falsità che ha spinto la stessa Brigitte Macron a denunciare chi ha fomentato la diffusione di questa falsità. Non sono immuni i capi di Stato, soprattutto in tempi il cui, con le guerre in corso, il discredito diventa arma per ridicolizzare e screditare. Proprio Emmanuel Macron viene “immortalato” mentre viaggia su un treno per Kiev allo scopo di sostenere la resistenza dell’Ucraina rispetto all’invasione russa: è sufficiente che Macron tenga in mano un fazzoletto di carta e che questa istantanea sia rallentata e zoomata per far circolare la notizia che “Macron usa cocaina”. La smentita — pur ufficiale — non ha la stessa forza della bugia. Chi vuole sfruttare l’ingenuità o la superficialità dell’utente, lo fa senza pudore per imporre la propria verità, che nulla ha a che fare con i fatti sottoposti a verifica.
In Italia, analizza Socialcom, terreno fertile sono gli sport e i campioni più popolari. Nasce così l’immagine di Sinner che sorride accanto al suo avversario infortunato. Chi si ferma solo all’istantanea e non si cura di accertare se la notizia sia vera o meno, cade nella trappola e la propaga. Secondo Luca Ferlaino, presidente di Socialcom “il dato più rilevante è culturale: basta un video generato, un meme fuori contesto o un frame manipolato per riscrivere la realtà. Per questo serve un’educazione digitale più forte: oggi il problema non è solo distinguere vero e falso, ma capire come il falso riesca a sembrare vero”.
La materia è complicata e spesso si nutre di una miscela esplosiva: dicerie di popolo più tecnologia. Lo prova la leggenda nera dei criminali che utilizzano gatti per incendiare le pendici del vulcano in Campania. Una notizia che viene rilanciata anche da autorevoli fonti di informazione, fino a quando il Corriere della Sera il 12 luglio 2017 la smentisce con un articolo dal titolo: “No, i piromani non hanno usato gatti vivi per incendiare il Vesuvio”. I giornalisti del quotidiano hanno fatto le loro verifiche e concludono: “Si tratta di una fake news”. Ma a chi importa la verità rispetto ad una bugia ben costruita, fornita su un supporto che sta sempre dinanzi agli occhi e rilanciata migliaia di volte?
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