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Pozzallo perde quasi 8 milioni tra fondi Pnrr e regionali: così l’inerzia diventa una grave responsabilità

di Natalia Carpanzano

C’è un punto oltre il quale l’inerzia non è più una semplice inefficienza, ma diventa una responsabilità grave verso una comunità intera. Quanto accaduto nel Comune di Pozzallo sembra collocarsi esattamente oltre quel confine.

Negli ultimi anni Pozzallo, un comune situato all’estremo lembo meridionale della Sicilia e nel bel mezzo di un dissesto finanziario, ha perso quasi 8 milioni di euro di finanziamenti pubblici, tra fondi Pnrr e risorse regionali già decretate, già assegnate, già disponibili. Non si tratta di bandi mancati o di progetti mai intercettati: parliamo di finanziamenti ottenuti e poi lasciati cadere, per mancata progettazione, per gare non avviate, per affidamenti mai perfezionati. Una sequenza di omissioni che, lette una dopo l’altra, assumono i contorni di un vero e proprio disastro amministrativo.

Le opere svanite non erano marginali: si parla di una passerella ciclopedonale capace di ricucire il tessuto urbano; due asili nido pubblici in una città che all’epoca non ne possiede neppure uno; un centro di riuso dei materiali per ridurre i rifiuti e sostenere le famiglie fragili; un centro diurno per minori disabili e minori stranieri non accompagnati, in un territorio di frontiera; un centro comunale di raccolta rifiuti, assente in modo paradossale in uno dei pochi Comuni della provincia a non averlo. Tutto questo mentre la città continua a lamentare carenze strutturali, costi elevati dei servizi, fragilità sociali crescenti.

La giustificazione addotta dal sindaco – la mancanza di personale negli uffici – non regge. Non regge sul piano tecnico, perché esistono strumenti di supporto, assistenza, centrali di committenza, progettazioni esterne previste proprio per i Comuni in difficoltà. E non regge sul piano politico, perché la macchina comunale sembra funzionare regolarmente quando si tratta di eventi, manifestazioni, promozione e visibilità.

Ancora più inquietante è il cortocircuito narrativo: progetti sbandierati in campagna elettorale, utilizzati come leva di consenso, e poi abbandonati una volta ottenuta la rielezione. Fino ad arrivare a dichiarazioni pubbliche che rasentano la rimozione della realtà, come sostenere che Pozzallo “non ha bisogno di nuovi asili nido”, quando non ne aveva nemmeno uno pubblico.

Il punto non è solo Pozzallo. Pozzallo è un caso emblematico di un problema più ampio: una parte della classe amministrativa del Sud Italia non è stata all’altezza della sfida del Pnrr. Non per cattiva sorte, ma per mediocrità gestionale, mancanza di visione, incapacità di programmare e di assumersi responsabilità. E qui nasce una domanda legittima, che molti cittadini iniziano a porsi: perché un Comune che chiede continuamente contributi straordinari “a pioggia” per gestire l’emergenza sbarchi non riesce (o non vuole?) utilizzare fondi strutturali, pianificati, vincolati a servizi essenziali e sviluppo duraturo? Perché l’emergenza conviene, mentre la programmazione espone alle responsabilità? Non è “pensare male”: è pretendere chiarezza.

Ancora più grave forse è l’assenza di interventi sostitutivi. L’articolo 12 del D.L. 77/2021 consente il commissariamento degli enti inadempienti sul Pnrr. Eppure, nonostante segnalazioni, Pec, interlocuzioni con la Prefettura e persino incontri diretti, nessun potere sostitutivo è stato attivato. Nessun commissario. Nessuna assunzione di responsabilità.

Nel frattempo il danno non è astratto perché lo pagano le famiglie che non hanno servizi per l’infanzia, lo pagano i disabili e i minori fragili, lo pagano i cittadini con tariffe più alte e servizi peggiori, lo pagano i giovani, che vedono nel Sud un luogo dove il futuro viene sistematicamente sprecato. Se il Sud continua a perdere treni storici come il Pnrr non sarà per colpa di Bruxelles, di Roma o del “destino cinico e baro”, ma per una classe dirigente locale che tradisce il proprio mandato. E ogni euro perso oggi è un pezzo di futuro negato domani.

Pozzallo non merita questo. E nemmeno il Sud.

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