Il mondo nel 2050, la “non profezia” di Nature tra intelligenze artificiali, clima estremo e nuove frontiere
Non l’anno che verrà, ma quello che gli umani vivranno fra un quarto di secolo. Un esercizio rischioso, ma anche molto ironico che ha spinto la rivista Nature a un salto per immaginare il futuro: le previsioni spesso sbagliano, ma aiutano a capire le direzioni possibili del cambiamento. Guardare al 2050 significa spingersi oltre l’orizzonte politico immediato e interrogarsi su come scienza, tecnologia e società potrebbero trasformarsi nei prossimi decenni. Le risposte non sono univoche: il futuro appare diviso tra scenari allarmanti e possibilità sorprendentemente ottimistiche. Ma in questo quadro la ricerca potrebbe non essere più un affare umano: “È tempo di riconsiderare le vostre opzioni di carriera, lettori di Nature!” si legge nell’incipit dell’articolo che apre l’home page-
Uno degli elementi più destabilizzanti riguarda il ruolo dell’intelligenza artificiale. Secondo alcuni studiosi, entro il 2050 la maggior parte della ricerca scientifica potrebbe essere svolta da sistemi di IA superintelligenti. Gli esseri umani continuerebbero a fare scienza, ma più come attività intellettuale o creativa che come motore principale del progresso. Laboratori completamente automatizzati, attivi giorno e notte senza la presenza di ricercatori, potrebbero accelerare enormemente le scoperte, soprattutto in campi come la biotecnologia. Questa prospettiva solleva però interrogativi profondi: chi controllerà queste macchine? E come cambierà il ruolo dello scienziato?
Parallelamente, il cambiamento climatico resta la grande ombra sul futuro. Molti modelli indicano che entro il 2040 il pianeta potrebbe superare la soglia critica dei 2 °C di aumento della temperatura media rispetto all’era preindustriale. Nel 2050, quindi, il dibattito potrebbe non essere più sulla realtà del riscaldamento globale, ma su come affrontarne le conseguenze. Tra le opzioni più controverse c’è la geoingegneria, come l’iniezione di particelle riflettenti nell’atmosfera per ridurre l’irraggiamento solare. Una soluzione, potenzialmente destabilizzante per i sistemi climatici e fonte di tensioni geopolitiche, soprattutto se adottata unilateralmente da singoli Paesi o aziende.
Esiste però anche uno scenario più positivo: la possibilità che la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera diventi un settore economicamente redditizio. Tecnologie capaci di trasformare la CO₂ in carburanti, materiali o farmaci potrebbero ridurre i gas serra e allo stesso tempo creare nuove filiere industriali. In questo caso, la lotta al cambiamento climatico non sarebbe solo un costo, ma un’opportunità.
Guardando oltre la Terra, il 2050 è una data chiave anche per l’esplorazione spaziale. Le agenzie spaziali pianificano missioni con decenni di anticipo: si parla di robot su Mercurio, di campioni di comete riportati sulla Terra e, naturalmente, di Marte. Tuttavia, l’idea di una missione umana sul pianeta rosso resta controversa. I rischi biologici legati alle radiazioni cosmiche e alla microgravità sono ancora poco compresi e spesso sottovalutati dall’entusiasmo tecnologico.
Sul fronte della conoscenza fondamentale, le prospettive sono affascinanti. Entro il 2050, nuove tecnologie quantistiche potrebbero aiutare a risolvere enigmi cosmologici come la natura della materia oscura e dell’energia oscura. Sensori sempre più sensibili, integrati nei rivelatori di onde gravitazionali, potrebbero aprire una finestra su oggetti finora invisibili dell’Universo. Anche l’energia da fusione nucleare, da decenni promessa ma mai pienamente realizzata, potrebbe finalmente diventare una realtà operativa.
Non mancano, però, i fattori esterni che – si legge nell’articolo – rischiano di frenare il progresso. Il calo del sostegno pubblico alla scienza, la crescita del populismo e la richiesta di risultati immediati potrebbero penalizzare la ricerca di base, che richiede tempo e pazienza. Inoltre, la gestione dei dati emerge come uno dei principali colli di bottiglia: senza infrastrutture adeguate e fiducia nella condivisione delle informazioni, anche le tecnologie più avanzate rischiano di non esprimere il loro potenziale.
Il 2050, dunque, non è una profezia, ma uno specchio delle scelte presenti. Tra crisi climatiche, rivoluzioni tecnologiche e nuove scoperte scientifiche, il futuro resta aperto. E proprio per questo, immaginarlo oggi è un modo per decidere che direzione vogliamo prendere.
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