La Russa spegne Renzi: “L’aula non lo ascoltava, è passato dal 40 al 3%. Meloni è come Messi”
L’intervista di fine anno di Ignazio La Russa al “Giornale” e al “Corriere” è da fuochi d’artificio. Il presidente del Senato, due giorni dopo l’intemerata di Matteo Renzi contro di lui, a Palazzo Madama, non si dichiara offeso ma risponde per le rime all’ex premier, che si era sentito colpito dal governo per la norma sui compensi per le conferenze all’estero in Paesi non del tutto rispettosi dei diritti umani. Ma uno dei passaggi La Russa, con metafora calcistica, lo dedica a Giorgia Meloni.
“Il merito è sempre anche un po’ figlio del confronto. Il più grande calciatore del mondo è quello che è più bravo di un altro altrettanto bravo o quasi. La Meloni sicuramente è un Ronaldo o un Messi della politica. Quello che lei chiama fortuna è che non ne vedo altri in Europa al suo livello in questo momento. Oltre a essere una top, nel confronto emerge come una gigante. La cosa che caratterizza l’esecutivo Meloni è la stabilità e la credibilità che lei ha saputo dare a questo governo”, Ignazio La Russa, intervistato da ‘Il Giornale’.
La Russa e le accuse del senatore Renzi
“Quello che ha detto mi è scivolato addosso. Sarei sordo per l’età? Io l’età non l’ho mai nascosta e anzi gli auguro di arrivarci come ci sono arrivato io. In crescendo. Ma lui promette male, visto che è passato dal 40% al 3% dei voti”, dice il presidente del Senato, in un’intervista al Corriere della Sera. “Ma non sono offeso”. E sull’epiteto di ‘camerata’ rivoltogli dall’ex premier, replica: “Cercava la rissa. Sinceramente, però, sapendolo bravo nell’invettiva, mi aspettavo qualcosa di più originale. L’ho trovato un segno di decadimento, chissà quando avrà la mia età!”. Per La Russa “sabato in Aula c’era una disattenzione totale mentre Renzi parlava, difendendo — io dico pure ‘legittimamente’ — i suoi redditi guadagnati all’estero. E l’ha mandato in bestia proprio questo fatto che c’era la diretta Rai e i senatori non stavano a sentirlo: anzi entravano e uscivano come succede durante l’80% degli interventi, mentre invece non vola mai una mosca quando ci sono gli interventi top, compresi i suoi. Ma non stavolta”. La Russa poi parla del ruolo marginale riservato al Senato nell’iter di approvazione della legge di Bilancio: “Lo so. Per rimediare allora bisogna cambiare il bicameralismo. Da anni, però, per la legge di Bilancio regna la prassi che una Camera la fa e l’altra la subisce, diciamo così. L’anno prossimo toccherà a noi farla”.
Il tema della giustizia e dell’amnistia
“Se pure c’è qualche magistrato ideologizzato che può dare interpretazioni estensive ad alcune norme, ci sono poi molti altri giudici che certe storture le correggono. Noi non siamo dei mangia-magistrati. E io non lo sono di certo. Paolo Borsellino, quando era vivo, eravamo noi a volerlo al Quirinale! Tutti gli altri l’hanno scoperto dopo. Il magistrato più preparato, per me, è stato Piercamillo Davigo e non lo dico perché il padre era missino”, dice la Russa. “Quello che è sicuro, e lo dico da avvocato penalista, è che il carcere ha due funzioni: una retributiva e una educativa. Quando tu dai cinque anni di carcere devi sperare che in quei cinque anni il condannato migliori ma contemporaneamente che paghi la sua colpa. Il problema è: riusciamo noi a dare alla detenzione queste due funzioni? Se riusciamo a darle non abbiamo bisogno né di amnistia né di indulto. Se non ci riusciamo, a volte è corretto rifugiarsi in amnistie o piccoli indulti”.
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