Meta vira ancora a destra: Zuckerberg mette un trumpiano alla guida degli affari globali

Meta continua a sorprendere, e questa volta la sorpresa si chiama Joel Kaplan. La nomina dell’ex vice capo dello staff della Casa Bianca sotto George W. Bush e stretto collaboratore del presidente eletto Donald Trump al vertice degli affari globali della compagnia segna l’ennesima virata verso i Republicans. Dopo sette anni, Nick Clegg, ex vice premier britannico, passa le redini a una figura che incarna perfettamente la svolta trumpiana dell’impero di Zuckerberg. 

Joel Kaplan, l’uomo della svolta repubblicana di Meta

«Con l’inizio di un nuovo anno, è il momento giusto per me di lasciare il mio ruolo», ha dichiarato Clegg in una lettera indirizzata ai colleghi. L’ormai ex presidente degli affari globali di Meta ha poi condiviso il suo addio con la comunity di Facebook, promettendo di dedicare i prossimi mesi a un passaggio di consegne ordinato prima di passare a «nuove avventure». E proprio qui entra in scena Kaplan, descritto dallo stesso Clegg come un uomo dotato di «competenza e integrità».

«Sono semplicemente entusiasta. Negli anni in cui abbiamo lavorato insieme, siamo diventati buoni amici oltre che stretti colleghi – con Joel ho riso tanto quanto ho imparato. Saprà costruire su ciò che abbiamo realizzato insieme e migliorare ciò che non sono riuscito a portare a termine», ha aggiunto Clegg.

Chi è Joel Kaplan?

Ma chi è Joel Kaplan? Un lobbista dalla reputazione granitica, già noto per la sua influenza politica all’interno del colosso digitale e per il suo rapporto privilegiato con ambienti conservatori. «Onorato di essermi unito oggi al Presidente Trump e al nostro prossimo Vicepresidente (ed ex Marine) JD Vance alla Borsa di New York», scriveva Kaplan tre settimane fa, forse già sicuro del ruolo che sarebbe andato a ricoprire.  Rappresenta la figura ideale per gestire i rapporti con un’amministrazione repubblicana che non ha mai nascosto le sue riserve nei confronti delle piattaforme di Mark Zuckerberg.

Trump, Zuckerberg e le pressioni sul Big Tech

Eppure, non è un mistero che Meta si trovi nel mirino dei repubblicani che mai hanno nascosto le loro riserve nei confronti di Facebook, Instagram e Threads. The Donald, pronto a riprendere le redini degli Stati Uniti, ha più volte accusato le piattaforme social di censurare il dibattito conservatore. Chiedendo persino l’arresto di Zuckerberg, il tycoon americano non si è mai tirato indietro nella lotta alla «manipolazione del discorso pubblico» da parte del gigante hi-tech.

Con Kaplan alla guida degli affari globali, Meta sembra voler assecondare la nuova leadership repubblicana e stemperare così le vecchie tensioni. «Si stanno preparando per un netto cambiamento nella leadership a Washington», si legge sul Financial Times. Il cambio di rotta non è però una novità: già a dicembre, la donazione di un milione di dollari per la cerimonia di insediamento di Trump aveva mandato un segnale. Ora, con Kaplan al timone, la direzione appare inequivocabile.

Clegg, sette anni tra tempeste politiche e transizioni tecnologiche

Nick Clegg tuttavia non lascia un vuoto: lascia un’eredità. Entrato in Meta nel 2018, l’ex vice premier britannico ha navigato tra le acque burrascose delle crisi regolatorie e delle polemiche pubbliche. «È stato in prima linea nella gestione delle tempeste politiche che hanno periodicamente scosso l’azienda», scrive sempre il Financial Times. La sua leadership ha permesso a Zuckerberg di concentrarsi su altre priorità, come lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dei prodotti di punta di Meta.

Tuttavia, il ruolo di Clegg si era già ridimensionato da tempo. Il suo trasferimento a Londra nel 2022 era stato letto da molti come un preludio al suo addio. Oggi, con Kaplan, Meta si prepara a una fase completamente nuova, in cui la gestione delle relazioni politiche diventa ancora più cruciale e forse più amichevole.

Kaplan e le controversie: un passato ingombrante?

Kaplan non è una figura priva di ombre. Nel 2018, la sua presenza durante l’audizione del giudice Brett Kavanaugh – suo amico e candidato alla Corte Suprema – scatenò un putiferio tra i dipendenti di Meta. L’azienda dovette ammettere di aver commesso «errori», ma non smise mai di difenderlo anche a seguito delle accuse da parte del Financial Times, su presunte influenze politiche sui suoi processi decisionali.

Nonostante le polemiche, Kaplan viene descritto come un lobbista efficace e pragmatico, capace di navigare nei complessi meccanismi del potere. La sua nomina suggerisce che Meta abbia scelto di giocare d’anticipo, preparandosi a un contesto politico decisamente meno indulgente.

Kaplan, noto per essere un lobbista molto efficace, è visto come una figura controversa in Meta. In passato è intervenuto in decisioni politiche per conto di alleati politici di destra. Fonti citate dal Financial Times spiegano che Kaplan esercitava un’influenza politica sui suoi processi decisionali e sul trattamento dei politici, anche se Meta ha smentito. Alla fine del 2018 Meta ha ammesso che il suo team dirigenziale aveva commesso “errori” dopo che Kaplan aveva assistito all’interrogatorio del Congresso del suo amico e allora candidato alla Corte Suprema Brett Kavanaugh. La mossa ha causato scalpore tra alcuni dipendenti Meta a causa delle accuse secondo cui Kavanaugh avrebbe commesso violenza sessuale da adolescente.

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