Il libro. Riscopriamo negli Appennini la nostra “patria in salita”: fisica e spirituale
Prima ancora di essere un’area delimitata da un perimetro politico, la nostra patria è un luogo dell’anima. La si ritrova elevandosi, in senso fisico e spirituale. È uno spazio che si estende verso l’alto, come afferma in modo molto evocativo Gian Luca Diamanti, autore del libro “Una patria in salita. Dèi e meraviglie in Appennino” (Rudis edizioni, 2024).
La colonna vertebrale dell’Italia
Una raccolta di scritti, la sua, che ci accompagna idealmente e con stile raffinato alla ricerca delle nostre radici tra i borghi, i boschi, le tradizioni e le cime degli Appennini, una colonna vertebrale che attraversa l’Italia e ne conserva un recondito senso d’appartenenza dalle mistiche venature. È qui, lontano dalle distrazioni metropolitane, che ci attende il Genius loci, pronto a indicarci la via verso la conoscenza di ciò che ci precede e ci completa. Non saremmo noi stessi, del resto, se non ci avessero segnato la strada popoli che oggi ci appaiono distanti, selvaggi rispetto ai criteri moderni, eppure intrisi di una cultura compiuta in quanto orientata alla verticalità. Pastori, contadini, cafoni, briganti: siamo figli di uomini e donne strettamente legati alla terra, ma con la fronte sempre rivolta al firmamento e con gli occhi puntati verso l’orizzonte. Figli, ci ricorda l’autore del libro, “di chi in quell’orizzonte fatto di profili di montagne che si rincorrono, di nuvole, di cielo, di verde, blu e azzurro, riesce a scorgere la bellezza attraverso la quale porre rimedio alla sofferenza e a trovarne un senso; di chi è ancora capace di intravedervi il volto misterioso degli dèi, il futuro oltre la miseria e le ricchezze, oltre i terremoti e le epidemie, oltre gli oggetti e il proprio io”. Ritrovarsi in questa linea di continuità con chi ci ha preceduti, allora, è non solo un atto di ribellione all’anonimato globalista, ma anche un antidoto al tedio urbano e alle crisi esistenziali.
L’insegnamento del libro
Precisazione necessaria: compito di chi ascende è saper poi discendere. Ecco dunque l’insegnamento più prezioso del libro di Diamanti: vivere l’Appennino è un modus vivendi che sopravanza il qui e ora del viaggio per sedimentarsi nel profondo dell’anima. Per visitare la nostra “patria in salita” ci addentriamo nelle selve, scaliamo le vette, contempliamo i silenzi e ci lasciamo affascinare dai misteri. Ma per farlo dobbiamo imparare prima a praticare la frugalità e la continenza, a rispettare la sacralità, a curare mente e corpo, ad apprezzare la fatica, immancabile compagna d’ogni escursione. È in questi valori che possiamo riconoscere l’impronta arcaica dei popoli italici. La quale è ancora utile, anzi essenziale. Perché l’Italia si erge dinnanzi alle sfide della contemporaneità, soltanto quando si regge alla sua colonna vertebrale appenninica.
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