Gli 80 anni del 25 aprile: i protagonisti non ci sono più, resta la storia. E va raccontata
Siamo stati avvertiti, con il declinare del 2024, che nel 2025 correrà l’ottantesimo anniversario di quello che, in modo asettico, qui chiamo il 25 aprile 1945. Immaginiamo, agevolmente, che verranno tenute cerimonie apposite, e commentate con parole di circostanza. Nulla di strano, sono così tutte le commemorazioni di qualsiasi cosa.
Di nuovo ci può essere un fenomeno non solo, e non tanto politico, quanto antropologico; e citiamo Tacito quando rilevò che negli ultimi anni di vita e regno di Augusto (diciamo, 44 aC – 14 dC), non era rimasto più nessuno che personalmente si ricordasse della repubblica, cioè l’avesse vissuta e patita e ne potesse essere in qualche modo avverso o simpatizzante in modo passionale, diciamo esperienziale.
Vero che oggi la vita si è allungata, però, se facciamo due conti, chi nel 1945 era ancora in armi, o lo era stato fino a due anni prima, oggi annovererebbe 103 anni: penso a una persona che conosco e di tale età, dotata ancora di ottima memoria; cosa che non è degli altri, e pochi, centenari e nonagenari. Qualcuno di loro può aver trasmesso dei ricordi ai figli (quanto ai nipoti, dispero!), ma i figli oggi sono settantenni e ultra. Conclusione, la memoria effettuale è, per ovvi motivi, rarefatta; e deve combattere con ottant’anni di crisi di governo e guerre e mutamenti di mode, eccetera.
Ci vorrebbe la scuola, che tuttavia da una parte spesso sorvola sulle date e sui luoghi, dall’altra trasmette, e anche in modo sintetico, un’ideologia dei fatti, e non i fatti. Effetti nefasti della guerra al “nozionismo”; ma anche delle due e tre generazioni passate dal 1945, e anche i professori nati nel dopoguerra sono in pensione da un pezzo. E invece è banale che il 25 aprile 1945 non può essere capito, e nemmeno giudicato, senza l’8 settembre 1943, e l’8 settembre senza il 25 luglio dello stesso 1943, e il 25 luglio senza il 10 giugno 1940, e almeno una certa conoscenza degli eventi bellici di tre anni di campagna dell’Africa orientale italiana, Libia, Egitto, Grecia, Balcani, Russia, Mediterraneo, Atlantico… Infine, rispetto al 25 luglio, in Sicilia. Poi ci vorrebbe Cassino e la Linea Gotica, per arrivare dall’autunno ’43 alla primavera ’45. Provate a chiedere in giro…
E intanto ne è passata di acqua sotto tutti i ponti d’Italia; e i partiti e movimenti rinati o nati nel 1943, e poi candidati e rappresentati nella costituente, sono bell’e dimenticati, dopo aver cambiato non solo nome ma sostanza e aver sepolto le persone; e le medesime ideologie di quei partiti trovano posto, come il marxismo, sui manuali di filosofia, e anche scarso; ideologie che, tutte, risalgono al Novecento, anzi all’Ottocento, quindi a una società industriale che, almeno in Occidente, in senso classico non esiste più; e lo stesso per cose come la lotta di classe, anzi le classi. E a ben vedere, anche le istituzioni italiane formalizzate nel 1946-7 hanno subito, di fatto, modifiche, e di altre modifiche si parla con forza. Non è perciò credibile che le cose siano integralmente rimaste al 1945, 6 e 7; e che gli Italiani del 2025 si possano identificare con cose di otto decenni fa.
Torniamo alle celebrazioni. Secondo il mio modesto avviso, la destra deve partecipare. E non dico solo alle cerimonie, una faccenda rituale e ovvia… ah, fatevi due risate: il millenario della fondazione di Roma venne festeggiato da un imperatore chiamato Filippo l’Arabo (244-9), che in quanto arabo e in quanto Filippo, non aveva in comune il benché minimo cromosoma con Romolo e sua moglie Ersilia, però finse di commuoversi per le gesta dell’a lui ignoto avo e signora e suocero Tazio. Io suggerisco che la destra partecipi in prima linea e in senso culturale, sì raccontando la storia, ma soprattutto raccontandola come vite: cosa realmente e ciascuno fecero gli Italiani durante il Ventennio; nei tre anni di guerra (per la cronaca, contro Angloamericani e Sovietici eccetera); e che scelte compirono dopo l’8 settembre; come si collocarono; e quanti morirono e quanti rimasero vivi nonostante il conflitto; e quanti conservarono le loro posizioni ideali, e quanti le cambiarono o fecero finta di cambiare… Tutto questo, ad abundantiam almeno fino al 2000 circa. Il 2025, sarebbe davvero troppo, come sopra dimostrato. Un romanzo, un film occorrono, una specie di Gattopardo o Via col vento. Così l’ottantesimo del 1945 può essere ottima occasione per tutti, destra compresa.
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