La crisi dello scacchismo in Italia: una proposta concreta

In un suo post recente l’amico Paolo Landi aveva riconosciuto che in effetti la situazione degli scacchi negli ultimi 10-15 anni è peggiorata, i grandi festival di una volta stanno scomparendo. E ciò è deleterio particolarmente per i giovani talentuosi, che rischiano di non potere esprimere compiutamente le loro potenzialità.

Questo segnale d’allarme era stato lanciato tempo fa anche dal GM Basso in un suo articolo, ed anche lui prendeva atto che i giovani giocatori italiani under 20 stanno precipitando nelle graduatorie internazionali.

Per quanto mi riguarda, non posso che ribadire come le statistiche e i grandi numeri dimostrino impietosamente che gli scacchi sono in declino ovunque, dopo che i computer hanno superato gli umani, dalla fine degli anni ’90, e hanno tolto al gioco umano il prestigio – anche mediatico – che aveva dagli anni ’70 fino all’inizio del nuovo millennio.

E tuttavia non c’è dubbio che il fenomeno sia particolarmente evidente in Italia, rispetto ad altre nazioni del mondo quali Germania, USA, India, Cina, ecc., e su ciò Basso ha ragione.

Tuttavia, credo sia ancora possibile porvi rimedio, per lo meno entro certi limiti, e pertanto vorrei esporre in questo articolo una proposta concreta e del tutto praticabile, che può rapidamente migliorare la situazione, a beneficio soprattutto dei giovani talenti in ascesa.

Questa proposta è rivolta alla nostra Federazione.

Il budget annuale della FSI

Infatti, esaminando la gestione del budget annuale della FSI, ad esempio quello dell’anno 2024, si può scoprire che le entrate si possono suddividere in due grandi gruppi: a) Tesseramento annuale dei giocatori (attorno a 700.000 euro); b) Contributo del CONI (attorno a 500.000 euro).

Io ritengo che sia sicuramente possibile ottimizzare la gestione del contributo pubblico del CONI.

Esaminando il bilancio FSI, si può scoprire che la Federazione destina ben 250.000 euro per l’organizzazione di corsi scolastici e la retribuzione degli istruttori.

Ora, questo capitolo di spesa è certamente eccessivo, e di fatto si risolve in un evidente spreco di risorse, poiché è evidente che i corsi scolastici nel 99% dei casi NON si traducono in nuovi giocatori praticanti, e i ragazzini che assistono ad un corso a scuola poi non diventano quasi mai giocatori di scacchi appassionati e tanto meno vanno a giocare nei tornei.

Attenzione! Non sto suggerendo di abolire i corsi di scacchi, suggerisco invece di utilizzare gli istruttori per propagandare maggiormente gli scacchi nel corso di fiere, feste locali, kermesse folkloristiche, mercati, ecc., anche per mezzo di simultanee, esibizioni pubbliche, filmati, ecc., in situazioni nelle quali l’ampia presenza di pubblico può sicuramente rappresentare un veicolo mediatico interessante e in grado di stimolare l’attenzione dei giovani.

Inoltre, anziché buttare tutti quei soldi “a pioggia”, per corsi scolastici rivolti a ragazzini che magari sono già praticanti di altri sport (es. calcio, basket, nuoto, ciclismo, tennis, atletica, pallavolo, ecc.) e non giocherebbero mai tornei di scacchi, ritengo che gli istruttori dovrebbero seguire i giovani che GIA’ manifestano interesse per gli scacchi, e magari desidererebbero progredire più velocemente, sotto la guida di qualche istruttore esperto.

La mia proposta è quindi di DIMEZZARE la quota di risorse per i corsi scolastici e i loro istruttori, da 250.000 a 125.000 euro.

E gli altri 125.000 euro?

E qui vengo alla parte che reputo più interessante della mia proposta: poiché i grandi festival stanno ormai scomparendo, ed anche la FIDE ha capito che solo un contributo pubblico può sostenerli (e infatti anche loro supportano open quali Biel, Nova Gorica, ecc.), io credo che la FSI potrebbe devolvere i restanti 125.000 euro del contributo CONI in sostegno/contributo per 5 grandi open.

In tal modo gli organizzatori dei grandi open (esempio: Bratto, Saint Vincent, Porto San Giorgio, Crespi, Genova) disporrebbero ciascuno di 25.000 euro di contributo, che dovrebbe obbligatoriamente venire destinato al montepremi di quei grandi open.

Con 25.000 euro aggiuntivi di montepremi per open, sarebbe sicuramente possibile organizzare 5 grandi open, in grado di attirare almeno 200/300 giocatori ciascuno, tra cui moltissimi titolati (GM, MI, FM), che darebbero ai giovani in ascesa l’opportunità di esprimere il loro talento, e ottenere risultati di rilievo e titoli internazionali.

E ciò in particolare se venissero rivitalizzati i grandi open di una volta, di cui sopra, e soprattutto se la programmazione di alcuni open coincidesse col periodo estivo: luglio e agosto, in cui è più facile per molti giocatori ottenere le ferie.

Non c’è dubbio che se – grazie al contributo di 25.000 euro – si riuscisse ad organizzare grandi open di 9 turni nei quali, a titolo d’esempio, il 1° premio fosse di 3.500 euro, il 2° di 3.000, il 3° di 2.500, il 4° di 2.000 e giù a scalare fino al 10° posto, si può essere certi della partecipazione di moltissimi titolati, e quindi della possibilità per i più giovani di talento di affrontarli e conseguire norme e titoli.

Si potrebbe poi affiancare all’open generale un open B, magari di 7 turni, per giocatori under 1900 di Elo, con premi altrettanto interessanti.

Questa, come si può vedere, è una proposta molto concreta e praticabile, sulla base delle risorse effettivamente disponibili della FSI.

Purtroppo bisogna ammettere che nel passato la Federazione si è sempre disinteressata del sostegno ai grandi tornei. Mi diceva l’organizzatore di Verona, Marcus Perryman, nel 2007, che lui era stato in Federazione, chiedendo di contribuire alle spese organizzative del torneo di Verona, che pur riscuotendo un notevole successo, con diverse centinaia di giocatori per ogni edizione a gennaio, doveva sostenere spese notevoli. Ma la risposta della Federazione una ventina d’anni fa era: “Di tornei ce ne sono tanti, e se ne muore uno ne spunta subito uno nuovo, quindi a noi non interessa contribuire”.

Ora, questa risposta e questo atteggiamento potevano forse avere una giustificazione agli inizi degli anni 2000, quando ancora in effetti c’erano molti grandi open. Ma oggi, nella situazione attuale di progressiva estinzione dei grandi open, è chiaro che una risposta cinica come quella non può più essere ammessa.

La proposta che presento io, per rivitalizzare almeno 5 grandi open, si tradurrebbe nella crescita del nostro movimento giovanile e dei nuovi talenti, nella rinascita dei grandi open di una volta (con la non trascurabile crescita dell’indotto turistico), nella stabile possibilità per molti giovani di avere grandi opportunità agonistiche, affrontando i migliori giocatori titolati di tutto il mondo.

E soprattutto, rappresenterebbe una notevole ottimizzazione delle risorse disponibili annualmente, nel budget della Federazione, evitando di sprecare 125.000 euro a pioggia in inutili corsi scolastici, prendendo atto che nemmeno l’1% dei ragazzini che assistono ad un corso di scacchi a scuola poi si appassiona realmente agli scacchi.

Ben altro sarebbe se fosse il ministero dell’istruzione a destinare risorse per gli scacchi a scuola, come accade in alcuni Paesi dell’Est. Ma non si vede perché mai dovrebbe essere la FSI, che già ha un budget modesto, rispetto agli sport che vanno per la maggiore (calcio, tennis, basket, ecc.), a buttare denaro a pioggia per organizzare corsi scolastici.

Destinando invece 125.000 euro l’anno al sostegno a 5 grandi open, la FSI farebbe davvero cosa utilissima per il futuro degli scacchi italiani.

La FSI deve solo chiedersi: “Cosa è meglio? Destinare 125.000 euro per corsi scolastici alle elementari o alle medie, sapendo che poi quei ragazzini nel 99% dei casi non giocheranno mai a scacchi, oppure destinare 125.000 euro a sostenere 5 grandi open, sapendo che a quegli open parteciperanno innumerevoli GM, MI ecc., e si darà a tanti giovani la possibilità di ottenere risultati e titoli prestigiosi?”

Alla FSI la decisione finale.

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