EX ROSSAZZURRI – Ferraro: “A Catania non devi vincere e basta. Se alleni lì, puoi allenare ovunque in Italia”
Dopo avere condotto il Catania in Serie C nel 2023, Giovanni Ferraro è rimasto senza panchina, in attesa della chiamata giusta. “La mattina vado in palestra, nel pomeriggio mi dedico alla Next Gen, una scuola calcio. Mi aiuta a stare sempre sul campo, non mi fa perdere l’abitudine. Se stai sul divano ti passa la voglia di stare in campo. A me piace girare, vedo 2/3 partite a week end. Allenare è una vocazione, bisogna averlo dentro”, le sue parole ai microfoni di seried24.com.
L’ex allenatore rossazzurro torna sull’esperienza vissuta alle pendici dell’Etna: “Dovevamo vincere il campionato e l’abbiamo stravinto. La gente dimentica, ma farlo con 31 punti di vantaggio sulla seconda non è mai successo. Non è mai semplice. A Catania non devi vincere e basta. Ci sono tante altre cose. Se alleni un anno lì, senza essere esonerato, hai già vinto un campionato. Essere apprezzati dal pubblico, società, rosa, non è mai semplice”.
“Non sono stato confermato alla guida tecnica del Catania? È finita perché è cambiato un po’ il progetto societario. Sono cambiati meccanismi del mercato, è arrivato un altro allenatore, sono state fatte altre scelte. Hanno deciso così, ma io l’ho accettato. Sono partito da piccole piazze e sono arrivato ad allenare il Catania, davanti a 20.000 spettatori: ho fatto grandi passi nella mia carriera e di questo vado orgoglioso. Mi sento ancora con diverse persone, sono rimasto legato. Per essere apprezzati bisogna essere sé stessi ed è quello che ho fatto. Lì servono poche chiacchiere e tanti fatti in campo. Ho fatto un anno importante con il direttore Laneri, con il presidente Pelligra, con Grella, con Carra. Si vince tutti insieme. Solo chi vive Catania può capirla. Se hai allenato lì, puoi allenare ovunque in Italia“.
Ferraro non ha ancora trovato una nuova sistemazione. Spiega il motivo: “Sono fermo perché, dopo due campionati vinti, le richieste che ho avuto non mi hanno convinto, ma non per l’aspetto economico. Sia l’anno scorso che quest’anno ho avuto tantissime chiamate. Io voglio un progetto vincente, con ambizione, dove poter lavorare. Non un ambiente dove si sta un mese e poi ce ne andiamo via. Non mi piacciono queste cose. Il calcio è cambiato molto, è cambiata la mentalità delle società. Ho avuto diversi colloqui, alcuni telefonici, ma a me non va bene. Voglio parlare in presenza, si crea empatia”.
“Il campo mi manca. Non pensavo. Stare a casa fa male, anche se è stata una mia scelta. Tanti non mi contattano perché dicono che io chiedo tanti soldi. Ma quando arrivo non parlo mai di questo. A Catania non ho mai parlato di contratto economico all’inizio. Prima andai lì, poi affrontammo questa questione. A Giugliano ho fatto la stessa cosa. I soldi sono una parte importante, ma non sono quelli che fanno andare avanti un progetto lavorativo”.
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