Addio a Rino Tommasi, il più grande di tutti
Il mondo dello sport e del giornalismo italiano piange la morte di una delle sue leggende: Salvatore Tommasi, detto Rino, nato a Verona il 23 febbraio del 1934, si è spento oggi all’età di 90 anni. Lo piangiamo anche noi di Ubitennis e in particolare il direttore Ubaldo Scanagatta, suo amico e collega per una vita che ha ricevuto la triste notizia all’alba di questa mattina da Guido Tommasi, il figlio di Rino (in viaggio per l’Australia, il direttore ricorderà Tommasi non appena ne avrà la possibilità).
Giornalista, conduttore televisivo, telecronista e organizzatore di eventi pugilistici, Tommasi è stato un punto di riferimento dello sport italiano, contribuendo in prima persona e in maniera decisiva allo sviluppo del tennis nel nostro Paese. La sua carriera di giornalista, iniziata ufficialmente nel 1953 nell’agenzia “Sportinformazioni”, ha attraversato tutta la storia del ventesimo secolo: ha collaborato con le principali testate italiane, la Gazzetta dello Sport, Tuttosport, il Messaggero, il Gazzettino di Venezia e il Mattino di Napoli e all’inizio degli anni settanta ha fondato il mensile specializzato “Tennis Club”.
Dal 1959 al 1970 si dedicò, inoltre, parallelamente all’attività giornalistica, all’organizzazione di eventi di pugilato, in particolare al Palazzo dello Sport di Roma con la sua ITOS (Italiana Organizzazioni Sportive), diventando il primo impresario italiano nell’ambito della boxe e in generale il più giovane di tutto il mondo.
Nel 1981 (anno nel quale fu premiato dall’ATP come “Tennis Writer of the Year“, su votazione diretta dei tennisti professionisti) divenne il primo direttore dei servizi sportivi della rete Canale 5, cominciando così la sua personale carriera televisiva, e nei successivi trent’anni si affermò come il telecronista sportivo più riconoscibile e apprezzato della storia della comunicazione sportiva italiana. La rete di proprietà di Silvio Berlusconi per cercare di ritagliarsi uno spazio all’interno del monopolio tutto calcistico della RAI decise di acquistare i diritti per trasmettere gli sport professionistici americani, per poi passare al tennis, come raccontato dal nostro direttore Ubaldo Scanagatta: “Gli bastò poco per capire che nessun giornalista italiano conosceva lo sport americano, tutto lo sport USA, come Tommasi. E non solo lo conosceva. Rino sapeva perfettamente come muoversi per contattare le dirigenze sportive dei vari sport, i vari manager. Sembrerà incredibile ma anche per molti valenti e celebrati giornalisti che hanno scritto anche di sport ad eccellenti livelli, già la conoscenza dell’inglese costituiva un ostacolo quasi insormontabile.
Non per Rino che poteva dissertare disinvoltamente di football americano (con il Superbowl), di boxe sapendo a memoria vita morte e miracoli dei migliori pugili del mondo, e aveva contatti con i promoter dei combattimenti e con i manager dei pugili. Rino non aveva problemi di timidezza nel contattarli per acquisire i diritti dei loro match (da Alì a Tyson con Angelo Dundee). Altrettanto disinvoltamente si poteva muovere per il grande tennis (con il circuito WCT del petroliere texano Lamar Hunt), per il basket della NBA di Magic Johnson e Larry Bird, per il baseball della MBL da Pete Rose a Cal Ripken, e per l’hockey su ghiaccio della NHL che in quegli anni ’80 celebrava le gesta del mitico Wayne Gretzky”.
Nel 1991 si trasferì a Telepiù (che nel 2004 diventerà poi Sky), sempre con il ruolo di direttore dei servizi sportivi, dedicandosi alle sue grandi passioni, la boxe e la racchetta, e alternandosi tra il lavoro di coordinamento, le telecronache e la produzione/ conduzione di programmi di approfondimento.
Nel corso degli anni ottanta Tommasi prese la decisione di introdurre nel panorama italiano delle telecronache sportive una novità abbastanza rivoluzionaria, ovvero la cosiddetta ‘seconda voce’, scegliendo la poesia scanzonata di Gianni Clerici come compagna di viaggio all’interno del mondo delle storie del circuito mondiale. Il tennis rappresentava la confezione perfetta per i dialoghi della coppia perché il tennis è un gioco che non viene scandito dal tempo del cronometro, perchè le pause del tennis accettano la fantasia delle parentesi. I due giornalisti, stuzzicandosi a vicenda, trasformarono la cronaca in un’altra cosa, la trasformarono nel piacere della compagnia, nel gusto dell’aneddoto, nell’impatto del neologismo giusto: il fascino del racconto era di conseguenza inversamente proporzionale alla vivacità della partita. La noia di un match banale lasciava infatti ancora più spazio al loro talento, e la sceneggiatura della telecronaca, che non esisteva, si evolveva nell’improvvisazione e nel colpo di scena, perchè la leggerezza non va necessariamente a braccetto con la superficialità: “Oh bongo, bongo, bongo stare bene solo al Congo non mi muovo no, no. Bingo, bango, bengo, molte scuse ma non vengo, io rimango qui.“
Il grande pubblico ha dunque conosciuto Rino Tommasi grazie al suo lavoro in televisione: telecronache, studi di approfondimento, rubriche speciali. Nel 1993 ad esempio andò in onda, su Telepiù 2, una storica puntata del programma “Fair Play” e Rino ospitò in studio, oltre a Gianni Clerici, anche Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Gian Paolo Ormezzano e Paolo Garimberti. Il livello era quello lì.
Tommasi aveva uno stile severo ma sarcastico, serio ma mai plateale, rispettava lo sport ma non lo sopravvalutava: ci ha insegnato a studiare i numeri ma anche a contestualizzarli, ci ha insegnato (insieme a Clerici, seppure partendo da punti di vista diversi) a guardare lo sport ma anche a guardarci intorno, perché ci sono delle cose più importanti. La sua autorevolezza era la conseguenza degli spigoli dell’onestà: se c’era da dire che un match era deludente, non si tirava indietro, “perchè non siamo qui a vendere i tappeti”. Un ragionamento apparentemente logico ma non del tutto scontato, specialmente in un’epoca in cui la cronaca sportiva stava mano a mano diventando sempre più volgare e sempre più sguaiata: quando qualsiasi momento viene descritto come sensazionale, non resta più niente di straordinario, quando ogni partita viene spacciata per un evento, diventa impossibile distinguere le partite preziose, quando ogni colpo vincente diventa il più bello del torneo, i circoletti rossi sbiadiscono.
“Commentiamo le partite come due amici che si ritrovano davanti alla TV. Ci pagano per svolgere un lavoro per il quale pagheremmo noi”, e forse questo è stato il segreto di una delle migliori coppie (la migliore?) di telecronisti della storia dello sport mondiale.
Hanno inventato lo stile del disincanto competente, hanno inventato il siparietto della cronaca, e probabilmente, per quanto riguarda i confini italiani, solo Flavio Tranquillo e Federico Buffa (NBA) si sono avvicinati al livello di qualità, di affiatamento e di intimità di Rino e di Gianni (che ci ha lasciati due anni e mezzo fa, il 6 giugno del 2022). L’affiatamento tra colleghi, l’intimità con i telespettatori: uno partiva per divagare, l’altro lo illudeva, gli dava corda, per poi riportarlo sulla terra e sul punteggio.
La partita era di fatto uno sfondo, un pretesto per cominciare a chiacchierare e Tommasi, dal punto di vista del physique du role, era troppo perfetto per essere vero. Sembrava quasi un attore che interpretava sé stesso: se Rino Tommasi non fosse mai esistito ce lo saremmo immaginato esattamente così. Il volto era già un primo piano, la pasta della voce seguiva il ritmo delle parole come nella dettatura telefonica di un articolo di giornale e infine la sua risata era la risata ironica di un appassionato che si divertiva a nascondersi dietro alla corazza del professionista autorevole.
La coppia commentava insieme prevalentemente “sul posto”, e stiamo parlando di un dettaglio da non sottovalutare, perché la squadra- alla quale nel corso degli anni si aggiunsero altri giornalisti e commentatori tecnici di grande livello, come ad esempio il compianto Roberto Lombardi– si costruisce sul campo. Perché il campo, perfino nell’epoca della bulimia dei social network, ti concede il privilegio e la responsabilità di parlare con le persone, di respirare l’aria del torneo, di seguire la rifinitura, di entrare in contatto con tutto il circo del tennis mondiale. La presenza sul campo rappresenta il termometro per misurare la qualità del racconto, lo studio televisivo- viceversa- è la prigione di un giornalista.
IL FASCINO UNICO DEL FORO ITALICO, di Rino Tommasi
Nel corso degli ultimi anni Tommasi, dopo l’addio definitivo a Sky (fu Telepiù) e grazie all’opera di memoria dell’amico e collega Ubaldo Scanagatta, è stato sommerso dall’affetto dei ricordi degli appassionati e questo affetto è stato messo in ordine attraverso un manuale, “Circoletti rossi”, nel quale grazie al contributo dei lettori di Ubitennis sono state raccolte le citazioni più gustose di “ComputeRino”. Una specie di diario di bordo della quotidianità dei nerd del divano: un lungo elenco di neologismi e di modi di dire che abbiamo letteralmente imparato a memoria nel corso degli anni, come i ritornelli delle canzoni del cuore. Un lungo elenco di neologismi e di modi di dire che prima di lui (e del compagno di una vita, Gianni Clerici) non esistevano e che invece adesso vengono utilizzati quotidianamente nel mondo della comunicazione sportiva: il suo personalissimo cartellino, il 3-0 pesante, quello con due break di vantaggio, la palla calante che inevitabilmente portava ad una volèe perdente, il diritto anomalo, i tennisti che, chiamati a giocare di fino, rivelavano le umili origini, e poi la benedizione, la veronica, il ricamo che a volte diventava ricamino, e potremmo continuare per sempre.
L’INTERVISTA A RINO TOMMASI DI CLAUDIO GIULIANI NEL 2015
E poi- ancora- gli aneddoti, e le ultime feste: pizzicano sinceramente gli occhi a ripercorrere il reportage dell’ottantesimo compleanno, nel febbraio di 11 anni fa. “Settantacinque fra amici, parenti, colleghi, sportivi venuti da tutt’Italia, si sono ritrovati a casa sua, a sorpresa, senza che lui lo sapesse o potesse immaginarlo”, raccontò Scanagatta: no, non poteva immaginarlo, perché quella era l’ultima serata del Festival di Sanremo.
“L’idea era stata di Guido Tommasi, il figlio di Rino, che aveva preso spunto dal fatto che da anni Rino e sua moglie Virginia invitano parenti ed amici a guardare l’ultima serata del Festival di Sanremo e in quell’occasione Rino si diverte a stabilire delle quote su chi vincerà il festival di modo che ciascun ospite scelga un cantante”.
Una specie di “Fantasanremo” ante litteram, la fotografia perfetta della cultura elevata e popolare al tempo stesso, la fotografia di un giornalista che nel 1979 intervistò per la Gazzetta dello Sport l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger o che nel 2012 fu premiato nel corso dei Giochi Olimpici di Londra in quanto uno degli inviati ad aver seguito sul posto il maggior numero (undici) di edizioni delle Olimpiadi.
Tommasi nel corso degli anni ha costruito una grande comunità – e infatti viene quasi spontaneo chiamarlo solamente “Rino”, come uno di famiglia – e quella comunità rappresenta la sua eredità più luminosa. Ha infatti educato e cresciuto, attraverso le sue telecronache, due generazioni di appassionati, padri e figli, e siccome ognuno di noi, per forza di cose, ha il proprio ricordo personale, il mio è legato banalmente alla fine della scuola, e all’inizio dell’estate: l’adolescenza, i primi giorni di Wimbledon, le fette di anguria, le finestre aperte, il rumore delle posate dei vicini di casa, il profumo dell’inchiostro del giornale e infine la voce di Rino Tommasi, che andava in sottofondo, come la radio.
Rino è stata la persona che qualsiasi appassionato delle storie di sport e in particolare di tennis e boxe avrebbe voluto conoscere. Ma anche se non è stato possibile rimarrà nei cuori di tutti.
Di seguito potete trovare i nostri pezzi di auguri per i compleanni di Rino: