ATP Next Gen Finals, i protagonisti: Dino Prizmic, il croato che cresce senza clamore
C’è un tratto comune nei giocatori che arrivano dal tennis croato: una compostezza naturale, quasi innata, un modo di stare in campo che lascia poco spazio ai fronzoli. Al superfluo. Dino Prizmic, vent’anni compiuti quattro mesi or sono, appartiene pienamente a questa tradizione. Ma rispetto ai connazionali più noti, il suo percorso sembra seguire una linea diversa: meno impetuoso, più pragmatico, segnato da una crescita che procede come un’onda lunga, senza scossoni ma con imperturbabile costanza.
Già nel circuito juniores, Prizmic (attualmente, numero 128 del mondo) aveva dato l’impressione di essere un giocatore di sostanza: due finali agli Europei (la prima nel 2019 negli under 14 e poi nel 2022 negli under 18) e soprattutto il titolo al Roland Garros 2023, ottenuto con una maturità tattica insolita per la sua età. Non era il classico predestinato che si impone per potenza o esplosività; al contrario, la sua forza stava nella capacità di trovare soluzioni in movimento, di leggere il match come se avesse sempre un mezzo secondo in più per decidere. In soldoni, un indizio importante di quello che sarebbe venuto dopo.
Il passaggio nel professionismo, infatti, non gli ha imposto bruschi adattamenti. Nel 2023 ha conquistato un titolo Challenger – a Ludenscheid, in Germania – e la sua prima vittoria ATP (battendo Duje Ajdukovic nel primo turno del Croatia Open), il tutto con una naturalezza che sembrava suggerire che quel livello gli appartenesse da tempo. L’inserimento nella squadra croata di Coppa Davis da parte di Vedran Martic – pur senza responsabilità da titolare – ha confermato che Dino era osservato con attenzione non solo come prospetto, ma come investimento tecnico per il futuro del movimento.
La svolta nella percezione internazionale è arrivata all’inizio del 2024, quando ha superato le qualificazioni dell’Australian Open e si è ritrovato davanti Novak Djokovic al primo turno. Ne è venuta fuori una battaglia di quattro ore e una partita che ha raccontato ben più del risultato: nei momenti più pesanti, infatti, Prizmic non è mai sembrato fuori luogo. Niente eccessi, niente atteggiamenti plateali, solo una lucidità e una durezza mentale che hanno costretto la leggenda serba a utilizzare ogni risorsa disponibile.
Certo, il resto della stagione è stato più complicato. Un infortunio lo ha frenato proprio quando sembrava pronto a entrare stabilmente nella Top 150. La gestione della pausa forzata, però, ha fatto emergere un dettaglio che spesso distingue i giocatori destinati a durare nel tempo: la capacità di ripartire senza fretta né inquietudine, ricostruendo il proprio gioco un tassello alla volta. Quando è tornato, il suo tennis era più prudente nelle scelte ma più convinto nelle strategie da attuare.
Il 2025 ha in parte ricompensato i frutti di quella ricostruzione. Prizmic ha vinto due titoli Challenger consecutivi, a Zagabria e Bratislava, poi ha raggiunto i quarti in quel di Umago e si è qualificato per lo US Open. Risultati che non colpiscono tanto per il loro prestigio, quanto per il ritmo con cui sono arrivati: regolari, ben distribuiti, frutto di una fiducia che cresceva di settimana in settimana. Essere diventato il secondo croato con Ancic a vincere tre Challenger da teenager è un dettaglio statistico, ma dice molto dell’impatto che sta avendo nel panorama nazionale.
Da lì il passo verso le Next Gen ATP Finals è stato naturale. Prizmic arriva all’evento non come enfant prodige, ma come giocatore già plasmato dal circuito: robusto mentalmente, preciso nelle geometrie, più aggressivo rispetto agli anni junior ma ancora legato, per certi versi, a un tennis old school, che richiede pazienza e convinzione. Insomma, è un profilo che non vive di bagliori improvvisi, ma di progressioni costanti. E proprio per questo, nel lungo periodo, potrebbe rivelarsi uno dei progetti più solidi della nuova generazione europea.