Michele Santoro in Antimafia: “Stragi? Non era Berlusconi a dare ordini a Cosa nostra”. Forza Italia plaude: “Un passo verso la verità”
L’audizione di Michele Santoro davanti alla Commissione Antimafia fa felice Forza Italia. In altri tempi sarebbe stata una boutade e invece è questo uno degli esiti dell’intervento del giornalista a Palazzo San Macuto. Rispondendo a una domanda del deputato berlusconiano Mauro D’Attis sul fallito attentato allo stadio Olimpico, infatti, Santoro si è espresso sulle accuse rivolte in passato a Silvio Berlusconi, morto nel giugno del 2023 mentre era ancora indagato per le stragi del 1993. Dire che dentro Cosa Nostra “hanno visto con simpatia la nascita” di Forza Italia “è del tutto ovvio, anche perché il movimento si proponeva inizialmente con una forte accentuazione di tipo garantista”, ha detto lo storico conduttore di Samarcanda, del Raggio Verde e di Annozero. “I primi club di Forza Italia vengono a crearsi uno a Milano, in casa di Rapisarda, che era un colletto bianco vicino agli ambienti mafiosi, e l’altro in un appartamento di proprietà dei Graviano”, ha aggiunto.
“Su Berlusconi ipotesi grottesche” – Per Santoro i boss “hanno sempre appoggiato chi faceva del garantismo la propria bandiera: che si trattasse di Pannella o di Martelli precedentemente. Il garantismo era quello che volevano. Da qui a dire che Berlusconi al telefono dava gli ordini a Cosa Nostra… non abbiamo alcun indizio, nessuna prova. Continuare a insistere su questa roba ci fa perdere un sacco di tempo“. E ancora, ha sostenuto il giornalista, “per come ho conosciuto io Berlusconi la cosa mi sembra abbastanza grottesca. A parte che non c’è nessun elemento per poterlo dire. Conosciamo la storia di Dell’Utri, sappiamo benissimo che c’è una condanna, ma non era Dell’Utri che poteva dare gli ordini a Totò Riina“.
Il plauso di Forza Italia – Parole che fanno esultare i parlamentari di Forza Italia: “Finalmente oggi si aggiunge un piccolo, ma importante tassello che fa chiarezza e spazza via le falsità e i veleni sparsi ad arte da alcuni sul presunto coinvolgimento di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nella strategia delle stragi. Un piccolo, ma grande passo verso la verità per noi chiara da sempre, ma che, per qualcuno, evidentemente non lo è ancora”, scrivono in una nota Pietro Pittalis, Mauro D’Attis, Maurizio Gasparri, Pierantonio Zanettin, Giuseppe Castiglione e Chiara Tenerini. “Persino Michele Santoro – esultano i berlusconiani – pur essendo un noto avversario di Berlusconi, ha detto cose vere, scagionando Silvio Berlusconi dalle calunnie e falsità che hanno adombrato l’ascesa e la carriera politica di un uomo, di uno statista, di un leader riconosciuto a livello internazionale, che ha fondato Forza Italia imprimendo una svolta alla storia dell’Italia”.
“Preoccupato per Avola” – Santoro aveva chiesto di essere ascoltato dalla Commissione presieduta da Chiara Colosimo per riferire in relazione a quello che gli ha raccontato Maurizio Avola. Nel libro Nient’altro che la verità (scritto da Santoro con Guido Ruotolo), l’ex killer si autoaccusa della strage di via d’Amelio. Sulle sue dichiarazioni sono ancora in corso le indagini della procura di Caltanissetta, che già una prima volta aveva chiesto di archiviare l’inchiesta, considerando Avola non credibile. Il gip Santi Bologna, però, aveva rigettato la richiesta ordinando altri sei mesi d’indagine. Un tempo che è ampiamente trascorso: a breve la procura dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio o proporre nuovamente l’archiviazione. “La ragione vera per cui sono qui è che sono molto preoccupato di ciò che potrebbe accadere a Maurizio Avola che da 5 anni conduce una vita irreprensibile. Non vuole certo cancellare gli orrori da lui commessi ma vorrebbe mostrare ai suoi figli la convenienza del lavoro e dell’onestà. Per noi è una cosa normale, per uno come lui è una lotta quotidiana contro i fantasmi del passato”, ha detto Santoro, rilanciato le dichiarazioni dell’ex killer della famiglia Santapaola di Catania. “È il primo ad aver affermato di aver confezionato personalmente l’autobomba (usata per uccidere Paolo Borsellino ndr) e che in questa circostanza non erano presenti agenti dei servizi segreti. Soprattutto questa affermazione ha scatenato le reazioni di Roberto Scarpinato, Salvatore Borsellino e di altri teorici. Costoro arrivano a mio parere a cancellare il ruolo e l’importanza storica di Cosa Nostra per ridurre la mafia a un’appendice militare, a un gruppo di killer al servizio di pezzi dello Stato. Per come ho conosciuto io Falcone non credo che troverebbe questa impostazione accettabile oltre che condivisibile”, ha sostenuto il giornalista.
“Filo nero dietro le stragi? Non ci sono prove” – Santoro ha soprattutto contestato la ricostruzione di Scarpinato che collega le stragi di Cosa nostra alla strategia della tensione. “Non escludo niente ma dico che bisogna partire dai fatti e i fatti sono quelli che si possono provare, se non si possono provare per me non esistono. Se uno teorizza che dobbiamo vedere un filo unico che parte da piazza Fontana e finisce a via D’Amelio dovrebbe dimostrare che questo sia vero”. Il giornalista ha commentato anche altre “piste nere” ipotizzate dietro ad alcuni delitti eccellenti del passato. “Possiamo dire che Piersanti Mattarella è stato ucciso da terroristi però fino a questo momento i terroristi neri non abbiamo provato ci fossero, invece sicuramente quello è un omicidio deciso da Cosa nostra”, ha detto, riportando quanto raccontato da Avola: secondo l’ex killer a uccidere il fratello del presidente della Repubblica sarebbe stato Carletto Campanella, boss di Cosa nostra a Catania. Rispondendo a una domanda della deputata dei 5 stelle Stefania Ascari, Santoro ha anche esposto i suoi giudizi su Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino: “Non mi piace quest’avvocato”.
“Comportamento scorretto dei pm” – Poi l’ex conduttore di Moby Dick ha anche criticato la procura di Caltanissetta, come aveva già fatto in una lettera inviata al capo dello Stato: “All’uscita del nostro libro, la procura ha stilato un comunicato inusuale che andrebbe bollato come un comportamento istituzionalmente scorretto ventilando l’ipotesi di un depistaggio”. Secondo il giornalista in pratica “il libro è stato messo all’indice e considerato notizia di reato”. Per capire l’origine delle dichiarazioni di Avola, infatti, i pm avevano intercettato pure gli stessi Santoro e Guido Ruotolo (non indagati), con mezzi invasivi che sollevano qualche dubbio sul rispetto della professione giornalistica. “Mettere sottosopra la vita di Maurizio Avola, rendere pubblici tutti i luoghi dove conduce la sua nuova esistenza senza tutela, fotografare la casa dove abita allarmando il condominio, includendo le foto nel fascicolo consultabili da tutti, interrogare i proprietari che faticheranno a rinnovargli il contratto di fitto, recarsi sul luogo dove lavora generando allarme, per me è inaccettabile”, ha sostenuto ancora, riferendosi agli accertamenti dei pm sull’attendibilità del collaboratore di giustizia. Durante l’audizione l’ex conduttore di Servizio Pubblico ha anche tracciato la sua analisi sul fenomeno mafioso: “Cosa nostra è stata un soggetto potente, capace di giocare in proprio la sua partita. Credo che ancora esista in forme a noi oggi sconosciute ma che considerano alla stessa stregua la finanza e la politica, cioè meno importanti di un buon investimento in bitcoin. Quella guerra è finita e gli strumenti dell’emergenza con cui l’abbiamo combattuta sono superati. Possiamo tornare al diritto, fare ciò che ci chiede l’Europa: mettere fine all’ergastolo ostativo e ripristinare la legge è uguale per tutti.”
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