Massimo Ranieri: “Fedez mi è sembrato un po’ tirato, non so che gli succeda. I giovani di oggi? Spavaldi, non provano le emozioni che provavamo noi”
Massimo Ranieri sarà uno dei protagonisti del prossimo Festival di Sanremo, al via dall’11 febbraio, con il brano “Tra le mani un cuore”, firmato da Tiziano Ferro, Nek, Giulia Ananìa e Marta Venturini. “È un inno all’amore. Parla di una storia intensa tra due persone, che finisce. – ha spiegato a Il Messaggero il grande artista – Una riesce a farsene una ragione e ad andare avanti. L’altra no, ma è proprio dalla prima che riceve la forza per andare avanti, conservando in un angolo del cuore quell’amore che c’è stato: è lì, non se ne va, ma è parte del passato”.
L’artista ha anche detto la sua sulle nuove generazioni musicali: “Comunque i protagonisti di oggi sono molto diversi rispetto a come eravamo noi all’epoca. Sono più sicuri. Noi eravamo timidi, timorosi. La tv ci sembrava una cosa enorme. Loro, invece, sono padroni dei propri mezzi, spavaldi. E non so fino a che punto questa spavalderia gli farà bene. Non provano le emozioni che provavamo noi, che eravamo ingenui. Oppure non lo danno a vedere. Mi è dispiaciuto molto per Sangiovanni, quel ragazzo. All’epoca noi non avevamo le pressioni che ci sono oggi. Così è facile uscire di testa“.
Dietro le quinte di “Sarà Sanremo”, la serata finale delle selezioni di Nuove Proposte c’era anche Fedez: “Ma non l’ho visto lì. L’ho rivisto in tv. Mi è sembrato un po’ tirato. Non so che gli succeda”.
E comunque “impossibile non avere un crollo in oltre cinquant’anni di carriera. La tranvata più dura fu quando il grande Giorgio Strehler non mi prese per il suo Re Lear, nel 1972. Un aiuto regista mi fece un brutto scherzetto: ‘Massimo, il maestro sta per mettere in scena il Re Lear di Shakespeare e ha pensato a te per il protagonista’. Mi presentai: ‘Maestro, ma è vero?’. E lui: ‘Chi te l’ha detta questa scemenza?’. Poi fu proprio lui a richiamarmi nel 1980, quando portò in scena L’anima buona di Sezuan di Bertolt Brecht”.
Infine una secca smentita: “Non penso al ritiro. Non so chi abbia messo in giro quelle cavolate. Io voglio morire sul palco come Molière. Un palco qualunque. Può essere il San Carlo di Napoli come un teatrino di periferia da cento posti. Basta che siano tavole di palcoscenico”.
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