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Cereser a TN: “Toro, serve un esame di coscienza. Da parte di tutti”

In queste festività, tra la partita persa contro il Bologna e l'ultima del 2024 contro l'Udinese, interviene in esclusiva su Toro News una bandiera della storia granata come Angelo Cereser. Tra aneddoti del passato e la stretta attualità, la Trincea granata si racconta. Buongiorno Angelo. Tanti auguri di buon Natale e di buone feste. Il suo augurio al popolo granata che tanto le vuole bene? "Auguro a tutti i tifosi del Torino di mantenersi saldi in una situazione difficile. Ci sono tante colpe a monte e a valle, però non bisogna rovinare tutto. Auguro a tutti di trovare la buona sorte. Vorrei un esame di coscienza da parte di tutti: da Cairo ai giocatori, passando per i tifosi. Bisogna ritrovare il vero spirito del Toro. Siamo abituati ad andare a fondo e poi risalire. C'è bisogno di un lavoro comune perché c'è poco tempo da perdere".  Secondo lei, è l'ultimo Natale di Cairo da presidente del Torino? "Si è raggiunto un limite perché questi vent'anni sono stati molto lunghi. Non è facile andare avanti per Milan, Inter, Fiorentina, Bologna, figurarsi per il Torino. Qualche errore di troppo è stato fatto. Bisogna cambiare tante cose. Serve guardarsi negli occhi con bontà e soprattutto sincerità e i tempi sono buoni per farlo. Prendere il posto di Cairo non è semplice, non bastano solo i soldi. Il calcio sta prendendo una via esterofila, aggiungo purtroppo".  Al Toro di Cairo è mancato e sta mancando la componente granata? Un qualche ambasciatore del Toro in seno alla società? "Sarebbe stata una buona cosa. Serviva uno con la scorza del Toro addosso, uno a caso: me, Zaccarelli, Pulici o tanti altri. Ne bastava anche soltanto uno, un ambasciatore del club dentro la squadra. I giocatori possono dare qualcosa in più se hanno nel cuore e nell'anima il Torino. Oggi è difficile che abbiano vissuto il settore giovanile granata perché molti di loro provengono dall'estero o hanno fatto un'altra trafila giovanile. A maggior ragione è importante qualcuno che racconti il Toro, che racconti quello che sta alle spalle del Toro. Serve ricreare la fede granata nei nuovi acquisti. Il problema sta che il nuovo acquisto preferisce la Ferrari a quanti gol ha realizzato Valentino Mazzola. Così si perde il Toro".  Torniamo un po' indietro nel tempo: come nasce il soprannome di Trincea? "Trincea nasce nel periodo da Nereo Rocco in poi. Nasce in parallelo con il tremendismo granata: lo spogliatoio valeva di più della stessa squadra. I tifosi venivano al Filadelfia e si divertivano a dare un nomignolo a ciascun componente della rosa. Noi eravamo una squadra abbastanza difensivista, io amavo difendere. Non tutti sanno che da ragazzo facevo il portiere, poi in Serie A sono diventato libero e stopper. Mi rendevo bene conto di come si gestiva la fase difensiva, sapevo cosa sarebbe successo alle mie spalle grazie al mio passato da portiere. Inoltre, penso che la gente sapesse che arrivassi dal Piave, terra divenuta famosa per i fatti della Prima Guerra Mondiale, anche ribattezzata guerra di trincea. Mettiamo insieme provenienza e caratteristiche ed ecco spiegato il mio nomignolo. Non sono stato un grandissimo giocatore, però posso assicurare che passare dalle mie parti per arrivare fino alla porta non era un gioco da ragazzi. In tanti dicevano: 'C'è Angelo, c'è angelo possiamo stare tranquilli'".  Il suo rimpianto sportivo più grande è non aver vinto lo Scudetto con il Torino? Ricordiamo che passò al Bologna proprio agli albori della stagione 1975-1976. "Sì, assolutamente. Il Torino fece una porcata terrificante. Mi fecero chiamare dal segretario dopo che mi avevano promesso che sarei rimasto anche per la stagione successiva. Nell'estate 1974 rifiutai l'Inter, rimasi al Torino e tempo dodici mesi fui liquidato. Mi è rimasto l'amaro in bocca per tutta la vita. Però, per amore si accetta tutto: non ho mai fatto polemica".   

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